Capitolo II

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Set 19

Capitolo II

Capitolo secondo

di Aldo Carpineti

capitolo ii

Una sera di primavera in cui all’ippodromo si correva sotto i riflettori, il puledro Mascotte, condotto dal fantino Zauli fu protagonista di una entusiasmante rimonta che lo portò dalle retrovie al primo posto finale. Ezio non poté fare a meno di alzarsi dal seggiolino della tribuna e manifestare con un grido tutta la sua ammirazione.

“Si calmi amico mio – fece un’elegante signora seduta poco più in là – ha vinto il suo cavallo?” “No, non è mio. E neppure ho scommesso su di lui, ma ha notato che rincorsa? che gesto atletico impressionante? era fra gli ultimi ed ha superato tutti, mai visto niente del genere”.

Lo scambio di battute si fermo lì, Ezio e la signora si ricomposero e dedicarono le proprie premure ciascuno per sé.

Passarono due o tre giorni, Ezio notò seduta a cena ad uno dei tavolini nel piccolo dehors della sua trattoria una donna che aveva un volto vagamente conosciuto. Era in compagnia di un uomo che parlava ininterrottamente e agitava la forchetta con la mano destra quasi volesse dar grande forza al proprio discorso. La signora portava la pelliccia, malgrado fosse maggio inoltrato e ascoltava il commensale interrompendo di tanto in tanto la propria attenzione: Enzo riconobbe senza aver dubbi la persona che lo aveva apostrofato alle corse. La donna voltò gli occhi verso quelli di lui: “Non ci conosciamo, noi?” “Già, ricorda Mascotte? il fantino Zauli? ma sì, a Montecatini, quella corsa fantastica, lei non mi perdonò il mio entusiasmo”.

Il commensale aveva smesso di parlare e di agitare la forchetta e guardava un po’ l’una un po’ l’altro con aria indispettita.

“Lei è il padrone qui?” fece la signora

“Si, certo”.

“E allora si segga con noi”.

“No, mi perdoni, converso volentieri con i clienti, ma non mi siedo mai ai tavoli”. L’espressione del terzo era sempre più seccata. Ezio credette bene di tagliare corto: “Vi trovate bene? il pesce è di vostro gradimento? me lo portano freschissimo da Viareggio ogni giorno. Buon appetito”.

“Ci sarà domani pomeriggio all’ippodromo? noi due saremo ai soliti posti, nella tribunetta centrale…. l’aspettiamo”.

Ezio fece un segno di assenso col capo, colto dalla donna, anche se appena accennato. L’altro riprese a conversare ancora più concitatamente e a gesticolare con la forchetta. Una famiglia di quattro persone, accomodata ad un tavolo a fianco, manifestava un certo fastidio per il parlare di questi a voce alta.

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