Capitolo XVII

Al di là della porta

A metà tra il romanzo di costume ed il noir. La protagonista trova il marito accasciato al di là della porta di casa e, per quanto gli inquirenti decidano, in base alle circostanze, per il suicidio, la donna si adopera per riconoscere l’autore o gli autori del delitto e giunge alla conclusione dopo innumerevoli vicissitudini. Il racconto mette a nudo diverse realtà della società di oggi, fra organizzazioni a delinquere e personaggi malavitosi o semplicemente ambigui, senza dimenticare l’attenzione al particolare geografico, nell’ambiente del levante ligure ben noto all’autore per avervi trascorso una importante parte della propria vita lavorativa.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Nov 5

Capitolo XVII

Capitolo Diciassettesimo

di Aldo Carpineti

capitolo diciassettesimo

Il sabato mattina era dedicato da Delia ad incontrare in azienda sua sorella Giusy e la segretaria per fare il punto della gestione economica e, al pomeriggio, non più di un paio d’ore, per vedere con Russo i problemi sindacali e del personale che si erano proposti durante la settimana.

Un sabato Russo le rivelò che Vito, il mercoledì precedente, si era presentato da lui per convincerlo a lasciare l’attuale impiego; gli avrebbe assicurato, lavorando per una propria impresa e svolgendo le sole mansioni tecniche, uno stipendio più alto di quello che riceveva in Aediles S.r.l., dove era gravato anche delle relazioni industriali. Delia ebbe subito una reazione vivace, tirò un moccolo al concorrente rompiscatole, ma poi non diede troppa importanza alla cosa, pensando fosse ordinaria amministrazione del solito imprenditore scorretto; senonché, il sabato successivo seppe che una analoga proposta l’ingegnere aveva fatto a Serena. “Questo Vito va avanti nel suo proposito di demolizione della nostra impresa, senza guardare in faccia a nessuno” osservò Delia e ritenne utile informarsi se nel frattempo avesse acquisito altre aziende edili nella zona. Seppe che ultimamente aveva comperato, fra Pontremoli e Aulla, un’azienda completa di ogni attrezzatura e con disponibilità di personale, che non era riuscita fino a quel momento a partire per la difficoltà di acquisire ex novo appalti e commesse. Delia non aveva niente contro quelli che interpretano senza scrupoli il ruolo di imprenditori, ma le sembrava che l’ingegnere stesse tenendo un comportamento finalizzato a creare una sorta di monopolio settoriale in tutta la zona della Lunigiana e ai confini, da una parte e dall’altra, della Liguria e della Toscana, per imporsi sul mercato liberandosi di ogni problema di concorrenza e di prezzi. Ma al momento Aediles era ancora forte, soprattutto in virtù della fama di cui disponeva, in ogni ambiente, di azienda che lavorava bene e in tempi brevi.

Di più, da un meeting a quattro al quale parteciparono Delia, Giusy, Serena e Russo emerse la decisione di potenziare l’impresa, in modo da rispondere a Vito colpo su colpo. La Aediles s.r.l.fece investimenti in macchinari e personale, attraverso un finanziamento a condizioni favorevoli da parte della banca dove Delia era impiegata.

Alla fine, essendosi determinata una situazione di scarsità di offerta a causa di un ridimensionamento della spese da parte di un consorzio cui partecipavano diversi Comuni della zona, si verificò un vero e proprio braccio di ferro tra il gruppo di Vito e la Aediles di Delia: il testa a testa non dava spazio alla partecipazione di altre aziende di minor peso industriale, se non per lavori saltuari, indotti, di poco conto e di scarso rilievo economico. Fu uno scontro nel quale si buttarono, dall’una e dall’altra parte, tutti i propri tesori di energia, di capacità, di professionalità, di malizia. Alla fine l’ingegnere dovette cedere, almeno parzialmente, perché quello che sembrava essere il suo punto di forza, cioè le dimensioni dell’azienda, si rivelò invece il suo tallone d’Achille, in quanto, non indietreggiando la Aediles dai propri volumi di affari, Vito vide poco per volta rimanere senza lavoro le frange della sua impresa e, di conseguenza, dovette ritirarsi progressivamente e ridimensionare il proprio impegno ed i propri organici; fece anche ricorso alla mobilità, e comunque lasciò inattiva una certa parte del suo gruppo, senza poter evitare di sostenere spese improduttive di mantenimento. La sua aggressività era stata respinta. Questa situazione di aperta belligeranza si protrasse per un periodo passeggero, poi le due aziende tornarono bene o male a convivere in un mercato che aveva spazio per l’una e per l’altra. In ogni caso era un fatto importante che la Aediles avesse saputo dimostrare, in tutti i sensi, le sue virtù di robustezza e vitalità.

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