Capitolo XX

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Ott 7

Capitolo XX

Capitolo Ventesimo

di Aldo Carpineti

capitolo xx

Agata e Maritza si erano parlate a lungo a proposito dei fatti intervenuti con Ezio.

“Non mi sento più di avere con lui un rapporto a due” ripeteva Maritza quasi in un mantra all’amica, a scuola, durante un intervallo dalle lezioni. E da questa recitazione monotona, appariva paradossalmente chiaro proprio l’opposto desiderio, inconfessato anche a se stessa, di riprendere con Ezio un dialogo personale e ravvicinato.

“Forse – ipotizzò Agata, che l’aveva osservata nel week-end - se vi incontrate con la presenza di una terza persona di confidenza come me, riuscite pian piano a ritrovare un’intesa e a superare l’impasse che si è creato tra voi. Io vi aiuterò. In fondo in occasione della nostra uscita a Pescia all’emporio di abbigliamento non ti sei trovata male, ti pare? che ne dici di qualche pomeriggio all’ippodromo di Montecatini? Ezio è appassionato di cavalli, io ho l’abbonamento per due, e Bertrand non può ovviamente esserci”. “Ci penserò, potrebbe essere un’idea”.

Agata era una persona che sapeva godere della felicità degli altri almeno quanto della propria, un temperamento altruistico cui si aggiungeva la convinzione, razionalmente fatta sua, che essere contenti da soli non paga a lungo: così rivedere Maritza ben disposta nei confronti della vita e possibilista verso un rinnovato rapporto con Ezio le trasmise una profonda soddisfazione.

Ezio accettò volentieri; si ritrovarono in tre al rientro del numero 99 in pista: come al solito una gara tra i primi, un prepotente scatto finale che gli assicurò il secondo posto: i tre festeggiarono con un aperitivo alla frutta leggermente alcolico per le due donne, un Negroni per lui.

Soltanto un paio di giorni dopo Maritza chiese a Ezio di accompagnarla a Firenze per visitare alcune opere d’arte agli Uffizi che lei voleva rivedere dal vivo per dedicarvi una lezione scolastica e soprattutto un’opera murale del Masaccio in Santa Maria Novella che rappresenta la Trinità con la Vergine e San Giovanni ai piedi della Croce. Anche Ezio si scoprì grandemente interessato ai dipinti che stavano a cuore alla giovane e insieme li commentarono: Maritza accettò qualche suggerimento di ordine storico per le sue lezioni, relativamente all’epoca nella quale avevano vissuto gli autori delle opere visitate.
Tanto che Maritza invitò l’amico a partecipare alle spiegazioni che in una delle sue classi lei teneva circa il significato dell’intera produzione di Masaccio, pittore morto giovanissimo, come inserito nel suo tempo. I due, preparatisi in tal senso, sostennero punti di vista differenti: lei affermava che il giovane artista di San Giovanni Valdarno rappresentava con la sua pittura una frattura rispetto al mondo precedente, ponendo l’uomo e l’humanitas al centro dell’universo; Ezio osservava che una simile interpretazione non poteva essere accolta in toto in quanto le pitture del Masaccio erano comunque di argomento religioso. Un dibattito tenuto nei limiti della migliore correttezza che catturò l’attenzione degli allievi, per l’interesse della questione in gioco oltre che per l’assoluta originalità della tecnica scolastica.

Persino il Preside, che peraltro era stato informato preventivamente dell’iniziativa, conosciuto il successo ottenuto, ebbe parole di elogio per la professoressa di arte, che sapeva utilizzare metodologie all’avanguardia nella propria didattica.

Il confronto fra i due però proseguì con accenti molto meno pacati fuori dalle aule scolastiche: “Tu recitavi una parte, Ezio, non vorrai dirmi che eri veramente persuaso della tesi che proponevi ai ragazzi”. “Non avrei parlato in quel modo se non ne fossi stato convinto”. Maritza non volle accettare il punto di vista dell’amico, sosteneva che l’argomento religioso era, a quei tempi, il solo motivo d’arte e perciò il soggetto non faceva testo rispetto alla ben chiara presenza di una rivoluzione artistica; che il vigore e la possanza delle figure erano una prova della prevalenza dell’essere umano; così fece ritorno a casa nuovamente scontenta. Tanto che Ezio si ripromise, questa volta, di chiedere una spiegazione di tanta animosità, ancora una volta sproporzionata rispetto alle circostanze.

Al telefono si espresse in termini chiari e decisi: c’era forse una ragione che giustificava queste improvvise prese di posizione che si ripetevano periodicamente? e si poteva sapere quale era?

Maritza, rispose che a questo punto Ezio aveva diritto ad una spiegazione e gli diede un appuntamento per la sera stessa.

“Sì – disse la giovane con voce quasi impostata - i miei comportamenti hanno una lontana giustificazione in un episodio che ha segnato la mia vita: ero appena diciassettenne e venni rapita dal mio fidanzato ventiquattrenne e da due suoi cugini che mi tennero cinque giorni in un casolare nella zona di Barga. Temetti che mi potessero uccidere; venni ritrovata dai carabinieri che avevano avuto una informazione da un agricoltore. La vicenda fece scalpore, ne parlarono anche i giornali…. Da allora io non riesco più a sopportare una relazione troppo ravvicinata con un uomo; quando il rapporto si fa troppo intimo sento l’esigenza di scappare, di liberarmi improvvisamente da qualcosa che vivo come una oppressione insopportabile. Ora conosci il mio segreto, può darsi che tu sia soddisfatto, ma certo fra noi due non ci potrà più essere niente di simile a quello che c’è stato: l’incantesimo si è spezzato, Ezio. Non è la prima volta che un uomo mi chiede delle spiegazioni e so quale è, dopo, la mia reazione. Mi conosco abbastanza e preferisco non vederti più: sei stato un buon amico ma ora la nostra storia finisce qui. Per quanti sforzi io possa fare non potrei più starti accanto”.

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