Google - dall'esordio fin quasi ad oggi

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Google - dall'esordio fin quasi ad oggi

Siamo giunti all'anno 2000. Importanti novità si affacciano sul fronte del Web. Applicazioni divertenti come i doodle, altre decisamente utili come Google Immagini e AdWords

di Armando Ricci

Il doodle di Leonardo da Vinci
Il doodle di Leonardo da Vinci

2000

A metà dell’anno Google serve 18 milioni di ricerche al giorno e il suo indice di documenti conta 1 miliardo di unità, mentre a fine anno si raggiungono i 100 milioni.

Appaiono le versioni di Google.com in dieci lingue straniere tra cui il francese, il tedesco, l’italiano, e di pari passo il servizio di ricerca in cinese e giapponese, raggiungendo un totale di 15 lingue supportate.

Google e Yahoo diventano alleati siglando un patto secondo il quale il motore di ricerca diventa partner ufficiale del portale: un grande successo e un grande risultato per entrambi i colossi dell’informazione tecnologica. Page, in una delle sue innumerevoli dichiarazioni alla stampa dice: «Ora potete trovare quel che cercate nell’equivalente di una pila di carta di oltre 100 chilometri di altezza in meno di mezzo secondo. Pensiamo sia abbastanza una figata».

Inizia l’era dei doodle, quelle simpatiche logografiche che contraddistinguono un particolare evento, o una ricorrenza per la quale il motore di ricerca riserva un logo personalizzato in sostituzione di quello istituzionale. È un successo tanto che viene assunto un informatico con talento d’artista, un certo Dennis Hwang, che diventa il doodler ufficiale.

Una curiosità: il logo di Google utilizza i colori sociali quali il blu, il rosso, il giallo, il verde. La prima versione risale a settembre 1998. Il font utilizzato è Catull e inizialmente Brin e Page creano l’immagine grazie al software libero di fotoritocco GIMP, antagonista del blasonato Photoshop.

Numerosi sono i doodle apparsi negli anni in onore di personaggi famosi e tra questi citiamo Andy Warhol, Leonardo da Vinci, Michael Jackson, Jules Verne, Ayrton Senna, Albert Einstein. Appaiono negli anni anche i loghi interattivi come Pac-Man, il logo lunare, la macchina di Turing, Star Trek, Doctor Who, il Cubo di Rubik, Les Paul (l’inventore della chitarra Gibson).

Grazie al fatto di non essere quotata in borsa, Google riesce a sopravvivere al crollo del Nasdaq e anche ad accaparrarsi i migliori cervelli di aziende operanti nell’Information Technology ormai ridotte a macerie a causa della bolla speculativa della New Economy.

Viene lanciato Google AdWords, un sistema che consente ad un utente di pubblicare online degli annunci o banner dietro pagamento.

Per chiarire il suo funzionamento base facciamo un esempio. Immaginiamo di gestire un negozio che vende prodotti enogastronomici e nel promuovere le nostre offerte ci avvaliamo del servizio di AdWords. Al suo interno andiamo ad inserire il testo dell’annuncio o un’immagine, il collegamento del sito web connesso all’annuncio stesso, le parole chiave che intendiamo utilizzare per la nostra visibilità. A complemento di queste informazioni si devono impostare le opzioni di targeting. In altre parole bisogna stabilire, ad esempio, a chi ci si vuole rivolgere e/o dove far apparire gli annunci.

Riferendoci all’esempio, andiamo a scegliere parole chiavi che porteranno i nostri clienti e visitatori a trovarci sulla Rete, e alcune di queste potrebbero essere: «Prodotti di Liguria», «Liguria a tavola», «Enogastronomia di eccellenza a Genova» e via dicendo. Quando un navigatore effettua una ricerca come «prodotti di Liguria», Google visualizza una pagina che contiene una lista pertinente all’oggetto e tra queste è auspicabile anche la nostra.

Nella lista troviamo pertanto risultati cosiddetti naturali, vale a dire senza alcuna sponsorizzazione, e altri di tipo pubblicitario, quelli per inteso creati con il servizio di AdWords.

Come paghiamo tutto questo? Tutte le volte che un utente clicca sul nostro annuncio, per essere veicolato sul nostro sito o su una pagina specifica da noi preventivamente definita, scatta il pagamento. Nello specifico, il costo è legato alla parola chiave che ha avviato la visualizzazione e successivamente al clic sull’annuncio.

I costi per parola chiave variano da pochi centesimi ad alcuni euro. Per tornare all’esempio, il costo di «Liguria a tavola» potrebbe essere di 15 centesimi ad ogni clic, mentre «Prodotti di Liguria» poniamo il caso 10 centesimi. Il costo totale dipende dal costo di ogni singolo clic operato sull’annuncio e dal numero dei clic complessivi ricevuti.

Grazie al servizio AdWords, Google fissa il prezzo tramite un’asta con una base di partenza. Dal momento che potrebbero esserci altri partecipanti con analoghe parole chiave, la contrattazione vede come vincitore chi offre il prezzo più alto. A tutto ciò si deve impostare un limite di costo giornaliero per non sforare il budget previsto. Se il nostro intento è quello di non superare un massimo di 50 euro al giorno, e sapendo che una parola chiave ci costa 1 euro, possiamo disporre di 50 clic al giorno.

Queste azioni note con il termine SEM (Search Engine Marketing), abbinate ad una corretta strategia di Web Marketing, possono risultare decisamente efficaci. Di contro, l’aspetto negativo è rappresentato dal fatto che a volte i costi risultano assai alti e sono spesso condizionati dal momento in cui la campagna viene sottoscritta e attivata. Potrebbe capitare, infatti, che dopo un certo periodo di tempo, la visibilità venga meno per una serie di fattori. Pertanto, la sinergia tra visibilità naturale nota con il termine SEO (Search Engine Optimization) e quella a pagamento risulta quanto mai opportuna. 

In estate viene lanciato Google Immagini con un archivio iniziale di 250 milioni di fotografie.

A dicembre Google diventa di fatto il più grande motore del Web con 60 milioni di ricerche al giorno. I ricavi netti ammontano a 185 milioni di dollari. Viene nominato come amministratore delegato il Dr. Eric Schmidt già direttore tecnologico alla Sun e poi direttore generale alla Novell. 

Lunedì 20 febbraio 2017

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