Camogli | Teatro Sociale

In occasione della Giornata della Memoria

La banalità del male da Hanna Arendt

Spettacolo in scena al Teatro Sociale di Camogli martedì 15 gennaio (ore 21). Un successo che conta ormai più di trecento repliche su tutto il territorio nazionale

di Francesca Camponero

Collage di Tonino Conte
Collage di Tonino Conte

Paola Bigatto, attrice e drammaturga formatasi alla scuola di Luca Ronconi e Renata Molinari, leggendo il libro-inchiesta “La banalità del male” di Hannah Arendt che andrà in scena al  Teatro Sociale di Camogli martedì 15 gennaio (ore 21) ha subito pensato che avesse bisogno di una voce. Lo spettacolo che ha creato è stato n successo che oramai conta più di trecento repliche su tutto il territorio nazionale.

 La banalità del male riunisce gli articoli scritti dalla Arendt come reporter per il “The New Yorker” sul processo al tenente colonnello delle SS Adolf Eichmann, tenutosi a Gerusalemme nel 1961. Eichmann, col suo grigiore incarna l’uomo senza idee, più pericoloso dell’uomo malvagio. Il nuovo concetto di banalità del male rivoluziona le consuete categorie morali. 

 “Lo spettacolo” – spiega Paola Bigatto - “è strutturato seguendo i tre grandi aspetti del testo: la cornice e la vicenda processuale, lo sguardo critico sul processo di Gerusalemme; la struttura portante e costituita dagli avvenimenti storici, centrali per seguire la vicenda di Eichmann, e gli avvenimenti bellici e politici; all’interno di questo percorso sono presenti le considerazioni filosofiche dell’autrice, non solo comunicate come riflessioni, ma spesso sviluppate in presa diretta, come se nascessero nell’atto di parlare agli allievi. Aspetto teatralmente imprescindibile, in quanto è in questa costruzione progressiva che lo spettatore si sente attivo e partecipe di un processo di pensiero. Ho scelto di concludere la lezione-spettacolo con una storia per me particolarmente significativa, riportata dall’autrice in maniera rapida ma incisiva: è la storia di Anton Schmidt, un semplice caporale dell’esercito tedesco, che sfugge al meccanismo del male banale e, trasgredendo agli ordini criminali, presta aiuto agli ebrei. Il suo esempio e il suo sacrificio ci mostrano come la riflessione e la formazione di una coscienza etica amplifichino la percezione della nostra libertà e aprano all’uomo la possibilità di attuare il bene”.

Hannah Arendt osserva la macchina della giustizia di Israele con implacabile senso critico. Non esita, ebrea, a indagare le responsabilità morali e dirette del popolo ebraico nella tragedia della Shoa, né ad attribuire a tutto il popolo tedesco pesanti responsabilità durante il Nazismo e ipocriti sensi di colpa durante la ricostruzione post-bellica. E attraverso questo sguardo acuto, tagliente, spesso quasi molesto, ci suggerisce quale sia la principale artefice delle tragedie naziste.

Mercoledì 9 gennaio 2019