Genova | recensione spettacolo lirica

Madama Butterfly nel rispetto della tradizione

chiude la stagione al Carlo Felice

Una musica ben guidata da Giuseppe Acquaviva, deus-ex-machina di questa produzione, che oltre a dirigere l’orchestra si è curato della scelta dei cantanti prediligendo un cast di giovani talenti

di Francesca Camponero

Maria Teresa Leva nella scena finale
Maria Teresa Leva nella scena finale

Il finale di stagione del teatro Carlo felice ha senza dubbio colto nel segno presentando al pubblico un grande titolo, con tutti i rischi che ne potevano conseguire, ma uscendone a testa alta con un allestimento di valore. La Madama Butterfly che ha debuttato venerdì 14 giugno con la regia di Lorenzo Amato ha trovato i suoi punti di forza nella scenografia del glorioso Ezio Frigerio, coi costumi di Franca Squarciapino, il tutto realizzato con Teatro Astrana Opera.

Un allestimento nel rispetto della tradizione, forse un pò dilatato nelle dimensioni, soprattutto se lo rapportiamo all‘intimismo della musica pucciniana, ma comunque d’effetto e senza stravolgimenti temporali, come purtroppo è d’uso in questi tempi. Indubbiamente nell’immaginario di Puccini la casa Cio Cio san non aveva la grandezza del palazzo su cui si è aperto il sipario venerdì scorso, residenza che sembra più simile al castello di Turandot, che alla dimora della giovane geisha, ma in compenso appaiono tutti gli elementi di un paesaggio delicato come è facile pensarlo rapportato alla delicatezza ed ingenuità della protagonista. Ed ecco che l’allestimento di Astana propone addirittura l’acqua corrente sotto la casa, che diventa una palafitta (di lusso) sul cui fondale appaiaono albe alternate a tramonti con stormi di uccelli a volo canterini e grattacieli di New York, sogni di un viaggio in America che non sarà mai.

Tutto forse un pò lezioso, ma non fastidioso, che va a coronare quella triste storia delle quindicenne abbandonata, anche con un figlio, che non reggendo al dolore preferiscee la morte. Una storia che fa sempre male al cuore e che riga di lacrime i volti delle signore anche nel 2019, perchè intramontabile come la musica di Puccini.

Scena dell'ultimo atto
Scena dell'ultimo atto

Una musica ben guidata da Giuseppe Acquaviva, deus-ex-machina di questa produzione come di tutte quelle che vedono la collaborazione tra carlo Felice e Opera di Astana, che oltre a dirigere l’orchestra si è curato della scelta dei cantanti prediligendo un cast di giovani talenti come Maria Teresa Leva e Stefan Pop nei rispettivi ruoli di Cio Cio San e Pinkerton. Se all’inizio la Leva è apparsa un pò timorosa, poi scaldando la voce, è stata in grado di tirarla fuori bene dimostrato un’ottima tenuta. La sua è stata un’interpretazione sempre più intensa soprattutto negli ultimi due faticosi atti, tutti sulle spalle di Butterfly. Pinkerton è una di quelle parti piuttosto insidiose con un lunghissimo primo atto, in cui l‘affabulazione del fraseggio pucciniano è sempre difficile, ma l’interpretazione di Stefan Pop è stata all’altezza della situazione. Molto bene il Goro di Didier Pieri e Suzuki di Raffaella Lupinacci, soprattutto nel terzetto con Pinkerton e Sharpless in “come una mosca prigioniera l‘ali batte il piccolo cuor“. Elegante Stefano Antonucci nel suo Sharpless. Lungamente applaudito il coro diretto dal maestro Francesco Aliberti dopo la chicca “a bocca chiusa“ del secondo atto.

Insomma un grande successo quello di questa Butterfly che sarà in scena al Carlo Felice fino al 20 giugno con applausi calorosi alla fine. Tra gli ospiti importanti anche Giuliano Amato, padre del regista Lorenzo, a cui si può fare il solo rimprovero di aver fatto sentire il cinguettio di uccelli sulle note di Puccini. Effetto che poteva evitare e che ha fatto rizzare i capelli in testa non solo ai melomani.

Lunedì 17 giugno 2019