Genova | Una storia cha fa la storia
Un gesto di solidarietà sportiva e sociale suscitò una reazione immediata
di Antonella Vella
Parliamo di una storia che ha fatto la storia.
Le immagini e le fotografie, spesso, evocano accadimenti che hanno sconvolto e cambiato il corso degli eventi ed è proprio quello che è accaduto con uno scatto tra i più straordinari degli ultimi decenni.
A 50 anni dalle Olimpiadi del 1968, esce nei cinematografi italiani, Il Saluto - La storia che nessuno ha mai raccontato, film/documentario di Matt Norman, nipote dell’australiano Peter Norman medaglia d’argento alla premiazione finale dei 200 metri piani maschili.
Il simbolo di una protesta immortale, una sfida alla discriminazione, al razzismo: un tributo a chi lotta contro l’ingiustizia.
Per 120 minuti racconta gli aspetti poco ricordati e sottolineati dell’esistenza di questo atleta dalla grande fierezza e dall’immenso cuore. Le Olimpiadi di Città del Messico del 16 Ottobre 1968 sono nella nostra memoria come l’evento sportivo che ha immortalato una fortissima ed appassionata contestazione nell’anno del fenomeno socio-culturale di massima violenza. Un palcoscenico di protesta e tensioni con la guerra in Vietnam e l’assassinio di Martin Luther King in prima fila ed un paese diviso tra popolo bianco e nero.
Si è appena conclusa la più grande competizione sportiva del mondo con la vittoria di Tommie Smith e John Carlos al terzo posto, entrambi atleti di colore. Al secondo posto si piazza Peter Norman con il tempo di 20 e 06, il più grande velocista australiano di sempre. Quando gli atleti afroamericani Smith e Carlos durante l’esecuzione dell’inno statunitense chinano il capo alzando al cielo il pugno guantato di nero del Black Power, l’atleta australiano, vestendo la coccarda emblema dell’Olimpic Project For Human Right, si unisce alla solidarietà verso gli altri due campioni.
Un eroe dei diritti umani che nel momento supremo di gloria, ha deciso di condividere la sua medaglia e la sua fama con il grido tacito di libertà, omaggiando con il distintivo di protesta, la sua fede per l’uguaglianza e gli stessi diritti degli esseri umani. Un'immagine di lealtà, di privazioni, di profonda amicizia per un uomo che rappresentava una nazione dove la segregazione razziale era dilagante. Al suo rientro in patria Peter Norman fu accolto da minacce, insulti ed a causa del suo coinvolgimento nella protesta fu escluso dalle successive Olimpiadi e costretto a lasciare l’atletica: il suo sogno fu frantumato.
Una storia che non ha tempo, età, sesso; una storia che ci parla della capacità dello sport di essere simbolo ed esempio; una storia che ci narra di un uomo che con la sua compostezza e la sua calma ha scosso gli animi del mondo intero. Quello che accadde decretò la sua condanna sportiva e non. Dopo la sua morte, i due atleti Smith e Carlos trasportarono il suo feretro in segno di rispetto e riconoscenza.
Un commovente tributo ad una rinuncia che legò i tre atleti nel desiderio di libertà. Un tacito invito a chinare noi la testa davanti a tanta fierezza ed a non dimenticare mai.
Venerdì 26 ottobre 2018