Genova | recensione
Lo spettacolo che ha debuttato a Genova ieri al teatro della Corte presenta una pièce curata, che si avvale di una scenografia essenziale ed astratta, capace di dar forma con rapidità alle tante ambientazioni della storia
di Francesca Camponero
Portare sul palco un classico della letteratura così ampio e così ricco di contenuti è perlomeno una scelta impegnativa, che inevitabilmente richiede un lungo e faticoso lavoro di selezione. Selezione che porta conseguenzialmente a tagli, rinunce e rielaborazioni di passaggi anche importanti.
Ma la cosa non ha spaventato Luca Doninelli che con la regia di Franco Però hanno deciso di mettere in scena i Miserabili di Victor Hugo, spettacolo coprodotto dal Centro Teatrale Bresciano, dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dalla Compagnia degli Incamminati, che asciuga le 1500 pagine del romanzo in uno spettacolo di quasi 3 ore, concentrandosi sugli episodi chiave della vicenda di Jean Valjean tralasciando, come era inevitabile, l’imponente affresco storico e politico che ne fa da contorno.
Lo spettacolo che ha debuttato a Genova ieri al teatro della Corte presenta nel complesso una pièce curata, che si avvale di una scenografia essenziale ed astratta, a opera di Domenico Franchi, capace di dar forma con rapidità alle tante ambientazioni della storia. Sono gli attori stessi a muovere i grossi pannelli roteanti che permettono i veloci cambi di scena conferendo uno spiccato elemento di dinamismo all’azione.
Ma certo i Miserabili è un romanzo troppo complesso, traboccante di trame e sottotrame, in cui tutti i personaggi (e sono tanti) sono tutti protagonisti fondamentali delle varie vicende. Per cui sono molte le azioni, spesso fondamentali, che non vengono mostrate, ma narrate appesantendo la fluidità della drammaturgia che risulta ridondante di nozioni non necessarie ai fini del risultato essenziale che, secondo il regista, era quello di mettere in luce l'essenza del libro di Hugo.
L’impostazione di Franco Però si allinea a un tipo di teatro classico, attenendosi per quello che può al testo ed in cui purtroppo non si riesce mai a cogliere una ricerca che guardi all’attualità. Senza dubbio tutto ciò sarà voluto, ma soprattutto nel secondo tempo ha un risultato fiacco.
Anche l’impostazione della recitazione è molto classica e misurata. Franco Branciaroli con il suo Jean Valjean è padrone della scena ed entra con disinvoltura nei panni del padre affettuoso e premuroso, un miserabile dal cuore tenero, un galeotto che si redime grazie al perdono ricevuto dal Vescovo Myriel per avergli sottratto l’argenteria dopo essere stato ospitato.
Bravi anche i 12 giovani attori della Compagnia fra cui spicca indubbiamente Valentina Violo, un’intensa Eponine, la giovane ragazza innamorata del giovane avvocato rivoluzionario che però non ricambia il suo amore. La giovane attrice milanese qui tanto ingenua che seducente, aveva già entusiasmato la critica nella sua intepretazione nel video dei Baustelle firmato Fabio Capalbo.
Lo spettacolo sarà in scena alla Corte fino a domenica 10 febbraio.
Mercoledì 6 febbraio 2019