alcuni anni fa scrivevo...
La globalizzazione non è soltanto economica ma soprattutto culturale
di Aldo Carpineti
Sesto capitolo I precedenti: - La struttura dell'Ufficio del Personale - Cultura Emozione Etica e Azienda - Il colloquio conoscitivo - Indicatori per lo sviluppo in carriera - Valorizzazione ed incentivazione delle Risorse Umane Il corso non ha la pretesa di esurire l'argomento. Ma può rappresentare uno stimolo per ulteriori approfondimenti. Aldo Carpineti ha una esperienza in materia maturata in Fincantieri e Confindustria Attualmente tiene corsi in aula sulle medesime materie. Questi sono dedicati a Aspiranti Imprenditori, Lavoratori da orientare, Studenti Aldo Carpineti opera da tempo anche nel campo della promozione editoriale cartacea Lo fa abitualmente a favore dell'editore genovese Stefano Termaniniù Questi ha recentemente realizzato un ciclo di presentazioni a Rivalta Bormida (Al) Presso il Palazzo Lignana di Gattinara della Fondazione Elizabeth Rothschild Aldo Carpineti ha pubblicato anche - Stanzialità e Transumanze, raccolta di saggi - La casa di Morgex, romanzo breve - Al di là della porta, romanzo breve noir - La casa con le vetrate, romanzo breve - Un amore maturo, romanzo breve - Elefanti e Topi, romanzo breve Diversi di questi scritti sono qui pubblicati in blog allegato Aldo Carpineti è nato a Genova il 12/10/1949 Dopo il liceo Classico e la laurea in Giurisprudenza è stato Ufficiale di Marina Ha vissuto a Genova, Chioggia, Ancona, La Spezia, in Toscana La sua esperienza nello scrivere comincia intorno al 2001 con saggi di diversa natura Prosegue attraverso la elaborazione di cinque brevi romanzi (100 -140 pagine ciascuno) Sta provando a portare alcuni di questi in scena curando parte della sceneggiatura Si tratta di un sogno accarerezzato da anni. Contatti anche con un regista del cinema Ha ricoperto anche funzioni di ghost writer in più di una occasione ------------------------------------------------------------------------------------------------------- |
Sono comodamente sprofondato nella poltrona del mio studio, lo sguardo
vagamente
rivolto verso il soffitto a stucchi, la finestra aperta sul giardino, la radio del vicino
trasmette musica rock anni 70, il frastuono delle auto in strada, la colf assolve con
movimenti veloci alle sue funzioni casalinghe, il computer si oscura automaticamente
dopo alcuni minuti consecutivi di inattività… Abitualmente, nello stesso momento,
ognuno di noi è bombardato da un numero enorme di impressioni, di informazioni, di
messaggi, con parola modernamente anglosassone di input, persino quando sia in
condizioni di apparente riposo. L’immobilità assoluta è incompatibile con la vita,
nessuno può pensare di vivere senza ricevere, ed anche senza scegliere, a meno
che non decida di annientarsi. Anche il classico monaco tibetano, assorto in
meditazione sulla montagna, esprime una propria volontà di essere in un modo
piuttosto che in un altro.
Di istante in istante tutti i messaggi che riceviamo cambiano forma, trasmutano:
il giardino trasforma lo stormire delle foglie, la musica del vicino sussegue una nota
dopo l’altra, il rumore del traffico cresce di intensità, il mio sguardo si sposta dal
soffitto alla parete, dove è appeso il quadro di un pro-zio e ne osserva i particolari,
spostando rapidamente la sua attenzione dall’uno all’altro...
Ogni singolo attimo della nostra vita ci trasmette innumerevoli informazioni anche
senza che ce ne accorgiamo o che vi poniamo attenzione, ma noi le metabolizziamo e
le elaboriamo istantaneamente dando loro significati razionali e significati emotivi ed
esse contribuiscono tutte insieme a determinare il nostro modo di essere, il nostro
benessere o malessere e le predisposizioni relative che ci appartengono nell’attualità.
Queste elaborazioni hanno interazioni tra loro, sulla nostra conoscenza e sui nostri
atti successivi: ogni singolo, minimo momento della nostra vita determina le modalità
di quello successivo e questo è figlio del precedente: da un singolo momento
infinitesimale dipende tutta la nostra vita futura che avrebbe una storia diversa
se preceduta da momenti vissuti di diverso contenuto. Un numero enorme di input,
istantaneamente, connessioni oggettive e soggettive fra di essi, una concatenazione
unica e irripetibile nel suo verificarsi. Gli status presenti contemporaneamente si
influenzano reciprocamente ed influenzano quelli futuri ed i nostri atti. I grandi
passi compiuti dalla tecnologia hanno creato queste condizioni, i più rapidi
collegamenti tra i paesi, i flussi migratori, le aziende multinazionali hanno fatto il resto.
Le azioni e le conoscenze hanno un effetto a sasso nello stagno, il cerchio si allarga
concentricamente e incontra le realtà degli altri che, in conseguenza, hanno una
reazione simile, anche se non necessariamente di egual segno; il processo, essendo
reciproco, teoricamente si moltiplica all’infinito, si esalta all’ennesima potenza; anche
se, in pratica, la spinta di ogni forza va esaurendosi gradualmente, si generano
continuamente nuovi dinamismi, l’azione o semplicemente il modificarsi di uno
provocano una rivoluzione globale. Così il movimento universale, che è moto
perpetuo, fa accadere attorno a ciascuno di noi quello che sembra dovuto al caso,
ma che casuale non è.
Se questa è una realtà verificabile a livello micro, tanto più, nel mondo di oggi,
lo è a livello macro: le popolazioni africane e dell’est si spostano verso la
vecchia Europa e le rispettive culture ne sono vicendevolmente influenzate,
mentre le resistenze locali a questi fenomeni appaiono destinate a crollare
come le mura di Gerico. In Europa cresce il mito del buddismo, i cristiani
guadagnano impensati proselitismi fra gli induisti…
Trasformazioni che chiamano trasformazioni: l’economia occidentale è in recessione,
il debito pubblico USA è nelle mani dei cinesi e così le principali banche degli States;
contemporaneamente in Cina ed in India si scoprono i valori della tecnologia,
dell’industrializzazione, della libera organizzazione del lavoro e del capitale.
La parola globalizzazione pareva nata per esprimere un concetto economico
ed invece sempre più rivela una condizione generalizzata a qualsiasi fenomeno;
tutto è globalizzato, le relazioni, le conoscenze, le emozioni, le mode, gli spettacoli,
le ideologie, le abitudini, l’intera vita sociale ed individuale.
Chiunque si soffermi a pensarci su, abbandonando la facile superficialità, si accorge
che le infinite manifestazioni del mondo hanno fili che le rendono interdipendenti,
ci sono nessi che hanno presenza comune fra tutte, che rappresentano le logiche
di esse al di là delle singole contingenze: logiche comuni che si ripetono e si
adattano ad ogni situazione: le situazioni sono continuamente differenti, le
logiche che le collegano e che sottendono la fenomenologia globale sono comuni.
Saper cogliere questi nessi fa la differenza fra la persona colta e l’erudito.
Interpretare queste logiche è capire l’universo.
Il discorso vale tanto oggettivamente con riferimento alle cose, quanto
soggettivamente con riferimento ai comportamenti delle persone.
Nel 2003 scrivevo (Stanzialità e Transumanze, ed La Tipografica Pesciatina):
Credo che le entità che governano il mondo (e l’universo) siano sostanzialmente
poche e tutto si rifaccia ad esse in una situazione di estrema varietà apparente
dalla quale è però possibile, con un po di studio, riconoscere l’identità dei principi.
Mi pare cioè, per fare un esempio, che si possa dire che le forze che attraggono
due astri abbiano molto in comune con l’attrazione di due giovani innamorati,
dal punto di vista fisico, e nell’economia della conservazione delle cose, della
vita, in una parola.
Saper cogliere i nessi e i principi comuni rappresenta il mezzo per costruire
la nostra cultura, tanto nel campo filosofico, come in quello scientifico, tecnologico
e, certamente, anche in quello del sapere industriale ed aziendale.
Moderni pensatori italiani che osservano la realtà sotto il profilo delle vicende
economiche e lavoristiche come Alberto Munari e Walter Passerini scrivono:
questo mondo attuale sta diventando sempre più fortemente connesso,
nel senso matematico del termine, tanto che qualsiasi evento potrebbe
collegarsi con qualsiasi altro, indipendentemente dalla loro grandezza,
importanza, natura o collocazione geografica... in un mondo così
fortemente connesso ogni azione deve essere pensata tenendo presente
il più gran numero possibile di legami che essa potrebbe avere con le
altre azioni, anche di natura molto diversa. Inoltre, un mondo così fortemente
connesso diventa inevitabile e fondamentalmente imprevedibile, al punto che
le uniche strategie di sopravvivenza possibili sono quelle che riposano sul
cambiamento, sulla mobilità e sulla precarietà. In un mondo siffatto, chiunque
sia responsabile di una qualsiasi impresa si renderà presto o tardi conto che
non avrà più nessun interesse a mantenere nell’ignoranza e nella povertà i
suoi interlocutori, o a distruggere la sua concorrenza. L’impoverimento altrui
presto o tardi porterà anche noi alla povertà: il vecchio detto crudele mors tua
vita mea non funziona più – per fortuna – ma non perché siamo diventati
improvvisamente più buoni: semplicemente perché non vi è più alcun
luogo-tampone per nascondere e contenere la morte altrui e far sì che
non contamini la nostra bella vita (A. Munari, Processi d’apprendimento e
gestione del know-ledge nelle organizzazioni). La nascita e l’emergenza
di una nuova cultura del lavoro espressiva è la dimostrazione di quanta
strada abbia fatto nel lavoro la ricerca del senso. Mentre la società industriale
contribuiva alla creazione delle identità collettive per differenza e su alcuni
parametri, la nuova domanda di senso nel lavoro richiama condivisione,
ricomposizione, una logica e/e più che o/o. La stessa ideologia pura della
professionalità è soggetta a revisione, in quanto valore relativo. Anzi,
potremmo dire che tutta la ricerca del senso è un’operazione di
relativizzazione delle pratiche, delle culture e dei dettagli. Le performance
individuali e collettive hanno senso non in sé, ma in quanto creano relazioni
e risultati finalizzati al raggiungimento di un senso comune e condiviso
(W. Passerini, Le parole per dirlo: la ricerca del senso nelle organizzazioni).
Per parte mia sono convinto che la cultura, e con essa la formazione aziendale,
per crescere debba muoversi al tempo stesso nelle direzioni, che possono
essere contemporanee, dello studio del relativo, che è individuale, e dell’oggettivo,
che è collettivo. Dall’interpretazione contemporanea dei due opposti si può
avvicinare il livello massimo di cultura che sia possibile a ognuno di noi. Dal
momento che il vecchio termine tuttologo esprime ancor oggi (e tanto più oggi)
un concetto inarrivabile per chiunque, la strada percorribile sarà da individuare
nel capire i principi comuni delle cose, i nessi delle fenomenologie e le logiche
plurivalenti di esse. Non soltanto per managers e dirigenti, ma per tutta la
popolazione aziendale, cosicché ogni aspetto della formazione, della educazione
produttiva ed anche personale possa prendere direzione nel senso più opportuno,
che è poi quello della conoscenza.
Disponendo di queste basi il successivo passaggio necessario, che è l’acquisizione
delle nozioni, trova uno sviluppo ordinato e semplificato.
Mercoledì 17 luglio 2019