Genova | usi e costumi di casa nostra

I genovesi e la zappa sui piedi, in realtà

siamo in grado di insegnare come si usa

Non siamo chiusi e poco socievoli, abbandoniamo gli autolesionismi

di Aldo Carpineti

Genova siamo noi
Genova siamo noi

Che noi genovesi siamo scorbutici e poco propensi ad aprirci agli altri è un’idea tanto diffusa da diventare quasi un luogo comune. Credo invece che tutto ciò sia poco vero, più reale invece sia che abbiamo l’abitudine di darci la zappa sui piedi: di conseguenza alimentiamo senza parsimonia anche questa diceria, poco vera e rispondente alla realtà.

Siamo poco socievoli, diciamo, ma quando si tratta di scuoterci e prendere in mano situazioni difficili sappiamo farlo. E vi par poco? Saper reagire insieme è una dote che implica capacità di organizzazione e di gestione comune delle cose, senza metter da parte le capacità individuali che ognuno possiede, e che rendono le prospettive positive variegate e orientate verso diversi obiettivi, possibilità e traguardi. Insomma non ci manca il genio personale e saperlo mettere a frutto quando sia necessario farne patrimonio comune è anche una caratteristica che ci appartiene.

Si tratta di carattere, evidentemente, al di là di quelli che siano gli interventi, a volte adeguati altre volte lenti e sconclusionati delle istituzioni. Spesso alle istituzioni manca il contatto con la realtà e di conseguenza la concreta possibilità di gestirla al meglio. Diventarne dipendenti deve dunque essere evitato, il cittadino vive nel pratico la propria quotidianità, le istituzioni la osservano spesso dal di fuori e ne hanno una conoscenza non soltanto parziale ma a volte anche deformata.

Verissimo che una buona guida sia spesso determinante. Siamo dell’idea, per fare un esempio sotto gli occhi di tutti, che il nostro sindaco Bucci abbia requisiti di dinamicità straordinari che gli vengono anche dalla abitudine manageriale e che di questi pregi la città tutta si stia in questo momento avvantaggiando. Resta il fatto però che ognuno di noi vive giorno per giorno la propria vicenda e ne è protagonista nel bene e nel male. L’amor proprio diventa perciò essenziale, il rispetto della dignità personale, il non piegarsi, a volte sapersi comportare à la guerre comme à la guerre.

Portarci dietro, dunque, certe fame di scarsa socievolezza non ci fa bene, ancor meno farne una bandiera giustificativa degli atteggiamenti rinunciatari. A chi ci dice che siamo scarsamente aperti rispondiamo per le rime e consigliamo di guardare se stesso. Spesso e volentieri chi abita altre zone d’Italia e del mondo non conosce certi pregi che noi abbiamo. Siamone convinti portatori. La zappa non diamocela sui piedi, insegniamo agli altri ad usarla, piuttosto. Nella convinzione, pure, che chi viene da fuori non sono tutti Saraceni. 

Martedì 17 dicembre 2019