legislazione in materia di lavoro
La legge 300/1970 è ancora attuale o i movimenti in atto lo escludono
di Aldo Carpineti
Che fare dello Statuto dei Lavoratori, altrimenti detto legge 300/1970? Ha ancora una propria ragion d’essere? O rappresenta un ostacolo alla modernizzazione della organizzazione del lavoro e dello stesso diritto del lavoro?
Il compimento dei 50 anni tondi non vuol dire automaticamente che si tratti di una legge vecchia; la Costituzione Italiana di anni ne ha più di 70 e tuttavia conserva caratteri spiccati di modernità ed aderenza alle esigenze attuali.
Ma quanto sta avvenendo di questi tempi in ambito lavoristico giustifica istanze di revisione dello Statuto oppure lo stesso deve considerarsi un baluardo, una conquista sindacale sulla quale non si può discutere?
La domanda pare pertinente, e va risolta, ci sembra, secondo le scelte che si vogliono percorrere riguardo al lavoro dipendente, quello regolato dal contratto a tempo indeterminato. Le altre forme di lavoro, in particolare la Partita Iva, sono molto meno tutelate dallo Statuto; perciò la soluzione del problema va individuata conseguentemente ai destini prossimi relativi al più classico dei rapporti di lavoro tuttora esistente.
Posto che lo Statuto dei Lavoratori è a tutti gli effetti una legge ordinaria e pertanto la sua modifica non necessita delle trafile parlamentari necessarie a modificare la Costituzione e le leggi costituzionali, e quindi eventuali interventi legislativi paiono facilmente praticabili dal punto di vista tecnico, rimane il problema di opportunità.
Per quanto pare a noi, tutto il movimento che di questi tempi interessa la materia non può trovare definizione da un momento all’altro. Il fenomeno va gestito in termini di gradualità, tali da non suscitare contraccolpi improvvisi nella vita e nella quotidianità delle imprese, soprattutto di quelle nelle quali il lavoro dipendente sia una realtà esistente da tempo. Diverso può essere l’atteggiarsi delle situazioni delle start up, aziende costituite di recente, che possono condursi in modi più liberi e meno vincolati.
Ma chi sia stato assunto con criteri tali da suscitargli aspettative di lunga permanenza in azienda e garanzie pronunciate quali il riconoscimento delle ferie retribuite, del congedo matrimoniale, degli scatti di anzianità, del Tfr, non può vedere cambiate da un momento all’altro queste condizioni. Tutto il procedimento deve perciò tener conto della realtà giuridica e di quella psicologica di queste persone.
Ammesso che le trasformazioni in atto vadano di massima verso condizioni di maggiore libertà e, conseguentemente, minori tutele riconosciute dal rapporto, non si potrà tuttavia non tenere conto dell’odierno status delle cose. E se, di fatto, l’andamento verso la professionalizzazione del rapporto di lavoro rappresenta qualcosa di certo, resta necessario non penalizzare le situazioni che abbiano valori pregressi e consolidati.
Ne consegue, tornando alle considerazioni da cui si era partiti, che neppure lo Statuto dei lavoratori può essere cancellato con un colpo di spugna. E i suoi effetti continueranno, forse momentaneamente, a sussistere fino a che, nelle situazioni concrete, esista il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Soltanto se e quando i tempi avranno superato definitivamente questa lunga fase si potrà prendere in considerazione una completa revisione giuridica in ambito lavoristico. E ci pare possa essere preferibile che le successive vicende siano frutto di accordi tra le parti sociali piuttosto che di leggi dello Stato. Ciò anche in relazione a quanto si era osservato in precedente articolo sulla personalizzazione dei contenuti di ciascun rapporto attraverso contatti diretti tra ogni lavoratore e la direzione aziendale.
Domenica 17 maggio 2020