il cambiamento richiede attitudini nuove

Ieri e oggi, tempi diversi società diversa

non preferiamo i mitici anni del passato

A partire dalla fine degli anni '60 si è assistito a grandi trasformazioni

di Aldo Carpineti

Genova notturna
Genova notturna

Chi rimpiange il '68 e lo indica come medicina necessaria per sanare i mali della società attuale ci pare fuori del tempo e della realtà. Così, d'altra parte, come chi rimpiange i modi di vivere precedenti ad esso. 

Sono situazioni legate al loro particolare momento storico che in nessun modo possiamo pensare di resuscitare. La società del dopoguerra poteva contare su certezze che, a lungo termine, si sono rivelate di impossibile mantenimento. Sul lavoro, sulle concezioni etiche e religiose, su quelle relative alle abitudini ed alla morale sessuale, sul metodo scientifico, sulla stessa salute fisica e psichica della popolazione cosiddetta normale.

Tutto quanto è stato messo in discussione dalla storia degli anni successivi, la stessa natura le cui leggi un tempo sembravano incrollabili, rivela oggi tutte le sue caducità, le sue attitudini alle trasformazioni, le sue relatività. 

In questo mondo che si trasforma e del quale non è possibile controllare tutto, si vive meglio, è stato detto, da parte di coloro che sono capaci di surfare fra le onde e, forti della propria consapevolezza di sé, riescono a non essere travolti dagli avvenimenti esterni. 

Posto che personalmente, avendo vissuto sia la seconda metà del '900 sia i tempi attuali, preferisco di gran lunga questi ultimi, sono dell'idea che l'abitudine al cambiamento sia quanto ci è richiesto oggi. Il divenire, modalità di sempre, è oggi accelerato da fenomeni e mentalità trasformate. Nel medio evo le cattedrali si costruivano in trecento anni, adesso il risultato è richiesto in termini immediati, nessuno lavora soltanto per i posteri. Allora si predicava che sapersi accontentare della propria condizione era il maggior pregio, oggi non c'è chi non cerchi di migliorare in qualche modo la propria realtà personale e sociale. 

Si dice che tre possano essere i modi di affrontare il cambiamento, con gradualità attitudinali crescenti. Il primo step è rappresentato dal sapersi adattare ad esso, il secondo è prevenirlo cambiando sé in anticipo, il terzo è provocare il cambiamento ed esserne noi stessi i protagonisti. Al di là di queste considerazioni la cui corrispondenza al vero va valutata di volta in volta ed a seconda delle circostanze, non pare dubitabile che pretendere di assestarsi su posizioni a lungo consolidate oggi appaia molto difficile qualsiasi sia l'argomento e l'oggetto. Il progredire accelerato della tecnologia, il ridursi delle distanze, l'abbattimento delle barriere fra stati, la globalizzazione economica, i grandi flussi migratori (e domani altri fenomeni nuovi) sono ragione di continuo mutamento.

Abbiamo sempre minori certezze, la mancanza di esse, a buon titolo, può diventare il leitmotiv del nostro vivere, al tempo stesso il mondo di oggi richiede impegno moltiplicato per far fronte a tutto, bravo chi ha competenze diffuse, la specializzazione e la segmentazione non paiono caratteristiche vincenti. Nel mondo del lavoro il multijob ha più frecce al suo arco, in famiglia i ruoli si mescolano e le attitudini diventano comuni. 

Difficile appare dunque soffermarsi su principi che non siano quelli essenziali del proprio vivere e che possono contarsi su metà delle dita di una mano. Difficile la programmazione di ogni cosa, molto più adatta la capacità di risoluzione dei problemi. Chi vivrà domani avrà probabilmente sorprese frequenti, in positivo e in negativo; per vero la nostra vita di oggi è già così. 

Sabato 11 luglio 2020