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Convivere con la complessità un articolo di

Riccardo Donato dal blog L'Umano Eretico

Il destino e la sfida di imprese imprenditori e manager, blog personale

di Riccardo Donato

Il blog
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Convivere con la complessità. Il destino e la sfida di impresa, imprenditori e manager  

  
Mi sono chiesto quale sia oggi, per un’impresa, il fattore più importante da governare ai fini di un suo sviluppo prospero e longevo.

Proprio partendo dalla catena del valore (value chain) di porteriana memoria (teorizzata in un magnifico saggio Competitive Advantage: creating and sustaining superior Performance che chiunque si occupi di impresa dovrebbe studiarsi), è chiaro che non basta più essere campioni del marketing o degli approvvigionamenti, oppure della produzione. Sarebbe come dire che in un’orchestra sinfonica gli archi sono più importanti degli ottoni o delle percussioni. Semplicemente non funziona. Ogni sezione deve non solo suonare alla perfezione, ma ascoltare il suono delle altre e interpretare con comunità di intenti e di risultati il gesto, le intenzioni e lo spirito del direttore d’orchestra.

Ma tutto questo per l’impresa non è ancora sufficiente poiché si trova in un contesto burrascoso e in continuo, disordinato divenire come il mercato e risponde ad un pubblico condizionato e disturbato da fattori esterni ingovernabili e imprevedibili (a differenza di un’orchestra che si esibisce in un luogo di culto come una sala da concerto, con un pubblico di adepti silenzioso, preparato ed attento. O almeno, era quanto accadeva prima della pandemia…).

Tutto ciò fa dell’impresa un sistema complesso e proprio questo, io penso, sia il fattore chiave che fa la differenza: una considerevole e crescente complessità da governare e per questo motivo convivere con la complessità è il destino e la sfida di impresa, imprenditori e manager.

Vale la pena di ricordare quali sono le caratteristiche che definiscono un sistema complesso (riprendo e integro quelle citate in questo articolo di Complexlab):

  • la presenza di diverse variabili interconnesse fra loro;
  • l’insorgere, strada facendo, di elementi e comportamenti non prevedibili nonostante la perfetta conoscenza del sistema iniziale;
  • l’estrema sensibilità che in presenza anche di impercettibili variazioni delle condizioni di partenza produce evoluzioni enormemente più vaste e inaspettate (ricordate il titolo della conferenza del 1972 di Edward Lorenz Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?);
  • la capacità del sistema di auto-organizzarsi (e quindi apprendere) in risposta alle nuove situazioni o informazioni che incontra.

Un bravo imprenditore e/o un bravo manager possono al massimo immaginare quali saranno i possibili scenari futuri del mercato o i possibili esiti delle loro decisioni, ma non sono in grado di sapere quali e come prevarranno (esisterebbe altrimenti il rischio imprenditoriale?). E mentre fino a una trentina di anni fa tutto ciò valeva nel medio-lungo periodo, oggi ha a che fare anche con il brevissimo-breve periodo. L’incertezza è il primo risultato della complessità.

Insomma, la complessità non si governa; ci si convive, si naviga, si sfida e il gioco è molto, molto duro.

Come si fa quindi a guadagnarsi qualche probabilità di farcela e magari di farcela anche bene?

Nessuna formula magica o metodo infallibile

Intanto comprendendo che non ci sono risposte definitive a questa domanda. Non esistono soluzioni preconfezionate e per la verità, nemmeno soluzioni.

Ogni volta che leggo I 3 segreti per…. , oppure Le 10 risposte finali a…. o anche 7 modi per ottenere…. , mi sento prudere le mani (e così dovrebbe accadere anche a voi…).

Esistono tante domande, queste si. Domande che l’imprenditore o il manager devono farsi e ripetersi nel tempo e alle quale dovranno dare risposte, sapendo che non saranno sufficienti, ma ogni risposta amplierà di un soffio il campo della loro consapevolezza e apertura mentale e questo è potente.

Domande wath if (cosa accadrebbe se…), o domande legate alle cinque W (Chi, Cosa, Dove, Quando, Perché – e ci metterei anche un Come), insomma, domande da curiosi impenitenti.

Lascerei anche perdere il Siate folli! che se non siete anche geni vi fate un gran male (e pochissimissimi, ahimè, lo sono…), e lo sostituirei con un Siate curiosi! che, male che vada, passerete per rompiscatole.

Siate curiosi e fate-vi domande (che comprendono naturalmente individuare i trend del momento e ragionarci, raccogliere le informazioni quantitative e qualitative che contano, scomporle e ricomporle per leggerci la realtà da punti di vista diversi e tanto altro). Domandare è il primo strumento per affrontare la complessità.

Formazione, formazione, formazione

  • il rapporto Il Futuro delle Competenze in Italia, una ricerca svolta da Pearson, Ey Italia e Manpower Group e pubblicata nel febbraio 2021, con l’obiettivo di stimare, nell’orizzonte temporale compreso fino al 2030, quali saranno le professioni in crescita e quali quelle in decrescita e da quali competenze e conoscenze dovranno essere supportate.
  • cinque competenze fondamentali che andranno progressiva­mente ad arricchire il set di ciascuna professione e che pertanto dovrebbero essere incluse in qualsiasi programma educativo e/o formativo che miri ad aumentare l’occupabilità delle persone… e indovinate la prima qual è?

Abilità per la risoluzione dei problemi/risolvere problemi complessi.

Le altre: abilità di base/apprendimento attivo, abilità sociali/adattabilità, abilità sociali/comprendere gli altri, abilità di base/ascoltare attivamente.

Ancora la nostra amica complessità insomma. Per affrontarla non dovremmo affidarci solo al talento o all’intuizione o alla fortuna di qualcuno, ma coltivarla immaginando la vita dell’individuo accompagnata da una sorta di formazione permanente, specifica e innovativa (e guarda caso, secondo la stessa ricerca, la formazione è uno dei settori con occupazione saldamente in crescita).

Anche laddove istituzioni, società o politica fossero ben organizzate nella progettazione e nell’erogazione di una formazione funzionale ai diversi stadi di una vita sempre più lunga (e almeno in Italia siamo ancora ai nastri di partenza), io credo che sia l’azienda a dovere provvedere in prima battuta alla misurazione e soddisfazione del fabbisogno formativo della propria gente. Per insegnare bisogna apprendere, fare domande per comprendere cosa insegnare e interpretare creativamente l’evoluzione dei desideri. Tutti esercizi che ad un’azienda fanno un gran bene. Essere il principale attore della formazione del proprio personale (e magari anche con scambi con aziende concorrenti, perché no?) porta solo vantaggi e benefici che un esperto di HR non farebbe fatica a declinare.

Formare e formarsi in modo permanente è il secondo strumento nelle mani delle imprese per sfidare la complessità.

Innovazione come arte e scienza del quotidiano

L’innovazione può rendere straordinarie le nostre vite se solo comprendiamo che essere innovativi non significa per forza di cose avere l’impatto che Leonardo o Michelangelo o Bill Gates hanno avuto sull’umanità, ma affrontare la vita di tutti i giorni con l’intento di migliorarci e migliorarla costantemente per noi e per gli altri partendo da quello che abbiamo a disposizione qui e ora. E il nostro piccolo impatto, come il battito d’ali della farfalla, potrà avrà ripercussioni che nemmeno immaginiamo, ma, soprattutto, ci avrà reso protagonisti della nostra vita in quanto utili per noi e per gli altri.

Vale per noi e vale per le aziende. Ogni azienda dovrebbe mettere le persone che ci lavorano nelle condizioni di ragionare nello stesso modo, come singoli e come comunità. E, tra l’altro, questo è l’unico approccio sano alla tecnologia, che di per se non è né buona, ne cattiva, dipende dall’uso che ne facciamo che, se non parte da una salda consapevolezza di umanità e alterità, in uno stesso battito d’ali può diventare disumanità.

Infine, la complessità, è uno stimolo straordinario all’innovazione, mette costantemente alla prova i nostri migliori istinti e ci lancia innumerevoli sfide a fare di meglio e di più. In fondo si tratta di un esercizio di libertà.

L’innovazione non solo può vincere la complessità, ma di questa si nutre per essere sempre un passo avanti.

Ibridazione è modernità

Premetto di avere un’inguaribile allergia alla parola contaminazione oggi così di moda e tanto esteticamente, quanto semanticamente, preferisco la parola ibridazione per sintetizzare quell’attitudine, in realtà molto antica, a cogliere dall’ambiente che ci circonda stimoli, competenze e idee per esercitare la nostra creatività e il nostro spirito di innovazione e trasformare noi stessi, le nostre imprese e le nostre opere in qualcosa di diverso, più evoluto e più funzionale.

Oggi l’ibridazione è sempre più potente e sempre più necessaria proprio perché la realtà è sempre più complessa e sempre più stimolante. Di fatto si tratta di una modalità di innovazione (l’elemento precedente) e di un attributo della capacità di fare squadra così per come la illustro nel paragrafo successivo.

Il mondo ci da possibilità sempre crescenti di ibridazione: culturale, scientifica, razziale, artistica, sessuale, religiosa e perfino politica. Acquisirne consapevolezza e aprire la mente e le organizzazioni ad accoglierla e utilizzarla è la vera sfida della modernità

L’ibridazione non è evitabile, resistergli è reazionario, assecondarla positivamente è rendere la navigazione dell’impresa nella complessità più agevole e sicura.

Per un nuovo concetto di squadra

Quando penso al fare squadra mi viene in mente un libro legato ai miei studi universitari (circa 8 lustri fa…), Magico Primario, di Flavio Caroli, che parlava di aggregazione nomadica. L’ho ripreso in mano e ne trascrivo un brevissimo pezzo: Procediamo per aggregazione nomadica… Ci si incontra. Ci si accetta per un tratto di strada. Ci si lascia. Si creano nuovi raggruppamenti. Nulla esclude che si torni ad incontrarsi.

Non sono certo che questo fosse proprio il senso che gli dava l’autore, ma io ho sempre letto questo concetto di aggregazione nomadica come la capacità di creare costantemente relazioni reciprocamente proficue anche al di fuori della propria cerchia della fiducia, personale o professionale che sia.

Un’azienda che coltiva la capacità dei propri dipendenti e collaboratori di fare squadra è lodevole, ma scontata. Potrebbe mai incitarli al contrario? Penso che oggi vinca la capacità della squadra impresa di essere a sua volta team con le molteplici realtà che incontra ogni giorno, concorrenza compresa. E questo presuppone fiducia, non tanto negli altri, quanto in se stessi, nella propria capacità di scambiare valore anche nomadicamente. Forse possiamo chiamarla anche cooperazione (sull’argomento un bell’articolo di Annamaria Testa)?

E se ci fate caso anche le rimanenti 4 competenze necessarie ad esserci nel 2030 anche di questo parlano: apprendimento attivo, adattabilità, comprendere gli altri, ascoltare attivamente.

Essere squadra nel e con il contesto di riferimento dell’impresa è una quinta caratteristica per competere nella complessità.

Promessa e valori, alla fine le fondamenta

Si, finiamo con gli elementi più importanti per traghettare la nostra impresa attraverso qualunque mare: promessa e valori: il perché di tanto impegno e di tanto rischio e le cose che sono più importanti di tutte in qualunque momento e contesto.

È il perché a fornire generosamente la motivazione delle persone al massimo coinvolgimento, a dare il meglio e a correre ventre a terra per la propria azienda da mane a sera e anche qualcosa in più. E altrettanto generosamente, il perché e i valori diventano la leva più potente per orientare la scelta di acquisto del pubblico elettivo, oggi più che mai. Finalmente!

Non mi pare si possa ancora considerare un trend questo vento di etica, sostenibilità e alterità che tante aziende alimentano con le loro dichiarazioni e meno energicamente, con le loro azioni, ma qualcosa di nuovo e concreto si percepisce, vediamo in cosa si trasformerà da qui a un paio d’anni.

Nel frattempo, e a prescindere, nessuna azienda può pensare di farcela senza avere profondamente radicati nel proprio DNA una promessa di miglioramento di un aspetto rilevante della vita del suo pubblico e idealmente di ogni pubblico e dei valori forti, dichiarati, condivisi e perseguiti coerentemente.

Questi due elementi sono un magnete più forte di qualunque tempesta intergalattica che dovesse stravolgere contesto e piani della nostra impresa poiché, sempre, ne orienterebbe con fermezza le scelte.

Quando, dopo esserci posti tutte le domande possibili, nell’azienda in piccola parte anche mia ci confrontiamo su decisioni più o meno importanti da prendere, raramente abbiamo dubbi, la nostra promessa e i nostri valori ci danno quasi sempre indicazioni molto chiare. Non so, francamente, se altre decisioni potrebbero essere più utili, ma la chiarezza e la determinazione che questa coerenza ci trasmette sono un vantaggio impareggiabile.

Promessa e valori rappresentano le fondamenta di ogni impresa che si voglia confrontare con successo con la complessità odierna.

Complesso è il mondo, complessa è l’impresa

Alla fine si, l’impresa che si sviluppa con prosperità e longevità diventa inevitabilmente un microcosmo di complessità.

Curiosità e domande costanti, formazione permanente, innovazione come abito della quotidianità, ibridazione felice, capacità di fare squadra nomadicamente, promessa di valore collettivo e valori solidi ne fanno un ambiente vitale e articolato che appassiona e coinvolge, ma che può inevitabilmente confondere e impaurire.

Il compito di imprenditori, manager e consulenti è naturalmente quello di semplificare, ma più ancora, direi, quello di armonizzare. Per dirla con Einstein Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non troppo semplice e il fine è sempre quello di rendere il sistema funzionale allo scambio di valore, allo scopo e ai valori fondanti.

La sfida è grande e il risultato tutt’altro che scontato; ma il bello non è proprio questo?

Domenica 21 marzo 2021