Genova | un cantautore che ha fatto la storia della musica
Visse tra Genova, Piemonte, Sardegna; dalle prime deliziose ballate trasgressive ai brani impegnativi dei tempi più maturi vissuti in una fattoria della campagna sarda, in Gallura, assieme a Dori Ghezzi
di Aldo Carpineti
Ninetta mia crepare di maggio ci vuole tanto troppo coraggio, Ninetta mia dritto all’inferno avrei preferito andarci d’inverno. Sono le parole di una delle sue prime celeberrime canzoni - La guerra di Piero –
E di gennaio (11/1/1999) se ne andava uno dei più grandi cantautori italiani, Fabrizio De André, nato a Pegli (18/2/1940), parte della prima gioventù vissuta nel basso Piemonte, così come Lauzi e Tenco, più tardi in una fattoria della Sardegna, insieme alla compagna Dori Ghezzi, anche lei cantante di ottimo livello.
Qualcuno lo paragonò a Bob Dylan ma troppo lontane sono state le loro origini e le loro scuole per poterli avvicinare. De André, come tutti i grandissimi, è stato unico e non avvicinabile nel suo genere da nessun altro.
Deliziose le canzoni attraverso le quali si fece conoscere giovanissimo per primi agli studenti dei licei genovesi che impararono presto a memoria i versi di Boccadirosa, Marinella, Il ritorno di Carlo Martello dalla battaglia di Poitier, Jordye, Fila la lana….
Erano i primi anni ‘60 a la trasgressività non era ancora di tutti. I papà e le mamme scuotevano il capo sentendo pronunciare, nei suoi testi, le parole del gatto. I figli andavano già matti per questo loro quasi coetaneo che allora si faceva conoscere soltanto attraverso i dischi perché era troppo timido per mostrasi in pubblico.
Più tardi imparò anche a stare in teatro e in televisione, ma soltanto con la chitarra ed una sedia, senza scena, vuoto tutto il resto del palcoscenico. Questo era il quadro preferito di Fabrizio che per esprimersi non aveva bisogno di altro.
Seguì una infinita serie di canzoni o meglio di ballate, fra le quali ci piace ricordare i brani di Tutti morimmo a stento, Le nuvole, Cicirinella, Creuza de maa….
Ritiratosi nella campagna della Sardegna centrale, cantava Quello che non ho è una camicia bianca, quello che non ho è un segreto in banca, quello che non ho è una partita a carte, sentendo probabilmente un poco di saudade per alcuni aspetti della vita di città. Ma proprio quel periodo vissuto nella fattoria sarda fu per lui il più prolifico di poesia e musica indimenticabili.
Come Pino Daniele se ne è andato allo spuntare dell’anno nuovo, lasciando segni indelebili nella storia della musica italiana.
Il figlio Cristiano lo ha ricordato in concerti tenuti a Genova in occasione delle recenti alluvioni, gratuitamente per la propria città.
Mercoledì 7 gennaio 2015