Genova | jobs act
I licenziamenti individuali possono agevolmente essere sostituiti da licenziamenti collettivi che sono sempre stati ammessi per ragioni di ristrutturazione aziendale il licenziamento di 2 persone è già collettivo
di Aldo Carpineti
La maggiore novità che dovrebbe portare con sé la riforma del cosiddetto jobs act riguarda la possibilità dei licenziamenti individuali. Molti dipendenti genovesi temono questa novità come una catastrofe che si possa abbattere da un momento all’altro sulle loro teste.
In realtà la possibilità dei licenziamenti individuali è un problema di scarsa importanza, un idolo di cartapesta che è sempre servito a ciascuna delle parti sociali per farsi propaganda, da una parte e dall’altra, o poco di più.
In primo luogo perché le aziende sotto i 16 dipendenti, che sono la grande maggioranza di quelle esistenti nella provincia di Genova, per legge hanno sempre potuto licenziare senza difficoltà, in ragione della maggiore esigenza di elasticità degli organici ed agilità delle strutture che caratterizza questa tipologia aziendale.
In secondo luogo perché anche le aziende con più dipendenti hanno da tempi remoti la facoltà di effettuare licenziamenti collettivi per riorganizzazione aziendale. Sarà dunque sufficiente che il management aziendale riunito in vertenza con i sindacati provinciali ed assistito dalla Confindustria locale avvalori l’esigenza di una ristrutturazione per avere la possibilità di licenziare, ed il licenziamento di due persone integra già un caso di licenziamento collettivo.
In altre parole, se l’azienda ha in animo di licenziare una persona può liberamente farlo già da ora, aggiungendo un secondo licenziamento e seguendo una trafila sindacale che si concluderà presumibilmente con un verbale di “mancato accordo” che non avrà comunque il potere di fermare i licenziamenti.
L’abolizione dell’ormai leggendario articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, dunque ha una importanza minima, sia dal punto di vista aziendale, sia da quello della mano d’opera, sia in riferimento alle maggiori o minori capacità produttive.
Si tratta, in buona sostanza, di uno specchietto per le allodole cui la propaganda di Confindustria e dei Sindacati ci ha abituato per tenere desta l’attenzione sul problema vertenziale, suscitando una conflittualità che, nelle cose, non ha ragione di esistere.
Martedì 3 febbraio 2015