Capitolo XIV

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Ott 1

Capitolo XIV

Capitolo Quattordicesimo

di Aldo Carpineti

capitolo xiv

Maritza aveva terminato il periodo al mare ed era rientrata a Lucca. L’incontro con Ezio le aveva lasciato un ricordo un po’ amaro, cosciente com’era che uno scatto giustificato soltanto fino ad un certo punto aveva compromesso la scoperta di una persona che fino a quel momento aveva giudicato meritevole di essere frequentata con soddisfazione e con possibili prospettive interessanti.

Ezio, invece da parte sua, aveva presto dimenticato quell’episodio ed aveva ripresa la sua vita fatta di ippodromo, trattoria e libri di storia. Uno di quei giorni assistette anche ad un originalissimo film, “Il discorse del re” candidato a più Oscar, in cui si racconta la vicenda del re d’Inghilterra Giorgio VI in carica durante la seconda guerra mondiale: oppresso da una grave forma di balbuzie riesce finalmente, aiutato da un logopedista, a vincere l’handicap ed a presentarsi al proprio popolo con discorsi trascinanti e coinvolgenti: un’opera decisamente degna della migliore cinematografia internazionale degli ultimi anni.

Ezio non avrebbe avuto nulla in contrario a incontrare nuovamente la donna, proprio perché, secondo la sua filosofia poco complicata, il problema non si poneva neppure; lei, invece, si faceva scrupolo se ricontattarlo, presa da mille preoccupazioni circa l’opportunità di compiere un passo ad effetto incerto. Orgogliosa com’era, quella decisione avrebbe avuto il significato di riconoscere i propri torti e questo proprio non riusciva a mandarlo giù. Si sarebbe detto che, per il suo carattere fiero e difficilmente incline a fare passi indietro, preferisse spesso rinunciare ad opportunità cui avrebbe anche aspirato, pur di non abbassare il capo, e questo aspetto della sua personalità finiva per alienarle chances cui per altro verso avrebbe tenuto parecchio.

Fu dunque proprio Ezio che, intravedendola una mattina alla stazione di Lucca, una domenica di inizio settembre la chiamò e le chiese dove andasse “Alle Cinque Terre - rispose lei” cercando di non tradire alcuna emozione – sono posti dove è possibile fare escursioni bellissime, soprattutto nelle giornate di sole, come quella di oggi”.

Quando se ne andava per le sue montagne portava pantaloni alla zuava stretti sui polpacci e, sopra gli scarponi, calze di lana di colori intonati con la camicia a scacchi di flanella; raccoglieva i capelli in un berrettino bianco con la visiera e, dalla nuca, faceva fuoruscire un ciuffo della sua chioma bionda. Aveva sempre ritenuto di non utilizzare i bastoncini da escursione per essere più libera nei movimenti; trovava che le mani impegnate la impacciavano più che aiutarla.

“Io arrivo adesso da Montecatini, in trattoria c’è bisogno di fare un po’ d’inventario, per questo sono qui così presto. I due non accennarono al precedente incontro al Lido di Camaiore, e fu lui a proporre: “Perché non viene a vedere i cavalli, una volta o l’altra? le piacerà, ne sono convinto”. Maritza aveva ottenuto che fosse l’altro a fare la prima mossa e acconsentì volentieri. “Sabato prossimo – proseguì Ezio – c’è una bella corsa nel pomeriggio, che ne dice se passo con la macchina a prenderla verso le tre, dopo l’orario della trattoria? se ci sbrighiamo, facciamo a tempo ad arrivare per l’inizio della gara: prenderò i biglietti il giorno prima così non ci sarà da fare coda alla cassa”.
Assistettero davvero ad gara davvero bella, con il numero 24 sempre in testa e largo vincitore. “Non c’è stata storia, quel cavallo era superiore a tutti gli altri” osservò Ezio. “Non sono d’accordo il migliore era il 6, ma è rimasto imbottigliato fra gli altri concorrenti ed è finito al quarto posto. Se avesse avuto via libera avrebbe vinto”. “Ne è così sicura? a me è parsa tutta un’altra storia”.

Il viso di Maritza ebbe una impercettibile contrazione: “Si sbaglia, bastava guardare la gara a centro gruppo e non soltanto davanti per rendersene conto”. “Sempre così sicura di se stessa, lei, non è vero?” “Non dimentichi che ho sangue zingaro nelle vene, Ezio; gli zingari sono un popolo molto fiero, a noi non piace essere contraddetti”. Ma subito dopo, e quasi come conseguenza delle parole che aveva appena dette, la donna si aprì in uno dei suoi migliori sorrisi e sgelò la situazione, il suo volto appariva smagliante, nessuna ombra delle scontrosità di un attimo prima. “Che ne direbbe di un cono alla malaga e cioccolato fondente in Piazza del Popolo?” propose lui. “Non chiedo niente di meglio”.

“Capisco perché i suoi alunni dicono che è severa: ma piuttosto lei è intransigente, severa è un termine scolastico che non si confà al carattere solare che abitualmente sfoggia”. “E’ vero, se c’è qualcosa che non mi garba non so nasconderlo, ma di solito sono di buon umore, per fortuna. E dopo mi capita di rimproverarmi i miei atteggiamenti rigorosi; al Lido di Camaiore, per esempio, quando eravamo al buffet…. per tutta la serata mi feci poi un cruccio, e dopo non avrei saputo riprendere i contatti, se non fosse stato lei a chiamarmi in stazione”. “Spero che sia passato, ora”. “Sì, del tutto”, sorrise ancora guardando l’amico in modo dolcemente ammiccante.

Aveva una statura sul metro e sessantacinque ma la corporatura snella la faceva apparire slanciata e longilinea. In città le erano abituali vestiti ampi interi con gonna, in genere a fiori, la cintura in tinta ne metteva in risalto il vitino da vespa, su scarpe sportive tipo Nike o preferibilmente Rebook Easy Tone. I tacchi erano riservati a rarissime grandi occasioni. Aveva compiuto i trentatre anni, ma si sarebbe detto che ne avesse quattro o cinque di meno, e non soltanto per il suo abbigliamento disinvolto ancorché un po’ démodé.

Rientrati insieme a Lucca verso sera, Maritza acconsentì a fermarsi in trattoria e consumò una cena abbondante ma leggerissima composta di molta verdura cruda ricca di fibre: sedani carciofi finocchi e una carota, a pinzimonio con poco olio e aceto, poi yogurt magro e frutta fresca e bevve thè preparato in tazza a temperatura ambiente con molto limone e soltanto una punta di zucchero di canna. Pretese a tutti i costi di pagare il conto e, malgrado le insistenze di Ezio in senso opposto, non volle sentire ragioni. Ezio ritenne opportuno non farla adombrare un’altra volta.

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