I mali di Genova l'incredulità la prudenza e l'incapacità di porsi dei traguardi ambiziosi

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Genova | l'opinione

I mali di Genova l'incredulità la prudenza e
l'incapacità di porsi dei traguardi ambiziosi

Il rischio come ingrediente necessario, quando non sia temerarietà

di Aldo Carpineti

Orizzonti liguri visti dal treno
Orizzonti liguri visti dal treno

La prudenza come regola, l'andare con i piedi di piombo, non fare il passo più lungo della gamba. Possono sembrare virtù ed invece sono le ragioni di una situazione stagnante e poco proiettata verso il futuro e verso migliori condizioni di vita.

Orizzonti liguri visti dal treno
Orizzonti liguri visti dal treno

Genova conosce a volte momenti di slancio e di forte partecipazione, che rappresentano però a lungo andare degli episodi rispetto a scelte che siano motivi di costante evoluzione. Ne è esempio fra tutti la ricostruzione del ponte sul Polcevera, circostanza di responsabilizzazione anche emotiva: si è arrivati per un attimo soltanto al centro della attenzione nazionale e non solo, ma poi il tran tran ha ripreso il sopravvento. Si dispone di una classe amministrativa capace ed efficiente, e tuttavia la città non la segue. Mentalità troppo diffusamente rinunciataria e ancorata ad attese di interventi e di assunzioni di responsabilità da parte altrui.

Ed invece la componente del rischio non può e non deve essere confinata agli atteggiamenti di pochi. Farsi carico delle proprie responsabilità e mettersi in gioco in prima persona è esigenza che tutti devono sentire come propria. Non ci sono miglioramenti se non si entra nell'ordine di idee di abbandonare lo stato di comfort presente per investire in cambiamenti quali il mondo di oggi richiede come facenti parte della stessa sua realtà naturale. Le trasformazioni sono prerogativa del quotidiano di oggi. Rimanere fermi su posizioni di pura conservazione è un modo che non può procurare soddisfazioni durature. Il mondo cambia ed il rinnovamento personale diventa indispensabile. Perché possa essere poi rinnovamento collettivo.

Mi sembra che il problema acuto di Genova sia proprio una mentalità diffusa che rifiuta queste idee ed i comportamenti conseguenti. Un atteggiamento ideologico troppo spesso ed anche inconsapevolmente legato al destino. Non si dice di essere temerari, non è necessario né consigliabile. I traguardi debbono avere una ragionevole possibilità di raggiungimento, però non si possono pretendere garanzie totali e indiscutibili. 

Queste considerazioni mi derivano dall'aver respirato a lungo, anche molto recentemente, le atmosfere ed il pensiero presenti fra i concittadini. Non è il caso di fare esempi concreti, non renderebbero l'idea. Ciò che pare è invece una rappresentazione del mondo sopita o rallentata che viaggia ad una velocità insufficiente per tenere il passo con le esigenze presenti. Troppi oggi pensano che sia inutile cercare lavoro perché non esiste offerta, troppi imprenditori ribaltano il rischio sui lavoratori, troppi sono legati a ciò che hanno sempre fatto e che ha loro garantito la sopravvivenza e forse un certo benessere per lungo tempo. Troppi danno la colpa ai giovani, che non avrebbero le capacità e le spinte di quanti li hanno preceduti: e non ci si rende conto che la realtà giovanile è la conseguenza di quello che siamo stati noi. I programmi scolastici, le discoteche, le bevande troppo alcooliche le producono gli adulti e non i giovani. Da dirigenti di aziende milanesi ho sentito dire che i dirigenti genovesi hanno il culo di pietra: non è molto fine, ma rende l'idea. Una sensazione di stantio aleggia nell'aria. Si avverte l'esigenza di agilità mentali, di proposte fatte a se stessi e non agli altri, di azioni più che di partiti politici, di entusiasmi più che di rendite di posizione acquisite, di metter da parte il frettoloso cinismo nichilista con cui si liquidano sovente argomenti di contenuto non banale. 

Rinunciare a qualcosa, in primo luogo alle proprie certezze, pare non procrastinabile. Tutte le epoche sono state momenti di transizione, questa lo è massimamente; e tale condizione è posta sotto la lente di ingrandimento rappresentata dalla pandemia. Un risveglio dal torpore deve avere effetti generali. Chi viva atteggiamenti rinunciatari faccia gli esami di coscienza del caso. Ognuno di noi è chiamato all'impegno, tanti che hanno compreso l'urgenza ci sono eccome, deve diventare sforzo comune e non interrotto. Altrove si vive meglio: non è nemmeno il caso di prendere esempio, piuttosto va trovata una via propria.

Domenica 13 febbraio 2022

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