In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.
Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.
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Set 27
di Aldo Carpineti
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La raggiunse in spiaggia. Lo stabilimento balneare era ampio e i gruppetti famigliari di due, tre sdraio piuttosto lontani l’uno dall’altro. Lei portava un bikini interamente giallo su un corpo ancora molto giovanile ed una collanina stretta di pezzetti variopinti cilindrici infilzati da uno spago, tipo Caraibi; uno stringhino pure colorato ed uno Swatch True Colors ultimo modello al polso sinistro. Parlava con due persone di una certa età, probabilmente due coniugi, che erano appena usciti dall’acqua e ne esaltavano lo splendido nitore di quella mattina: “Mai visto un mare così pulito da quando siamo arrivati. Fare il bagno oggi è entusiasmante” “Visto? – disse lei rivolgendosi a Ezio – è fortunato, si metta il costume che facciamo una nuotata anche noi”. Lo ringraziò per il libro mostrando di gradirlo molto e lo accompagnò alla cabina; vi entrò per prima e ne uscì immediatamente calzandosi la cuffia sulla testa, poi attese che lui fosse pronto.
Ezio si rese conto subito che Maritza era una grande nuotatrice; dopo sole sei bracciate lo aveva già lasciato indietro di un paio di metri. Lui aveva imparato a nuotare da bambino, un po’ come tutti, ma non aveva mai perfezionato né lo stile né la resistenza: in pochi attimi si era già fatto l’idea che la donna doveva essere una vera sportiva, di quelle persone che dedicano all’attività fisica una parte importante della propria quotidianità. Lei arrivò alla boa e vi si aggrappò con una sola mano per aspettarlo; ma Ezio si fermò a metà distanza, le gridò che aveva finito la benzina e le fece segno di tornare con ampi ed eloquenti gesti delle braccia. Ad una quindicina di metri dalla riva si divertirono a immergersi e a giocare con l’acqua, rubarono il pallone ad un gruppo di ragazzini e glielo restituirono ridendo. Restarono lì a mollo per sette o otto minuti, poi fecero ritorno sulla battigia dove si sedettero l’uno a fianco all’altra ad osservare un mare limpido come era possibile vedere soltanto in rarissime occasioni.
“Venga – ruppe il silenzio la donna – le voglio presentare i miei amici”.
Si unirono ad una decina di persone che avevano formato un cerchio con le sdraio; erano molto differenti l’una dall’altra sia di età sia di estrazione sociale, provenivano da località italiane diverse ed una coppia sui sessanta da Magonza, città tedesca della Renania, ma si faceva comprendere sufficientemente bene. Le battute rimbalzavano dall’uno all’altro, anche se non molto originali: “Già fatto jogging, stamattina, Maritza?” “Come puoi pensare il contrario? Maritza è già in pista ad ore quasi antelucane” “Vero, mai vista una persona con tanta costanza” “Se io facessi altrettanto mi porterebbero al pronto soccorso il primo giorno”. Andarono avanti a scherzare e discorrere per un paio d’ore, sugli argomenti più disparati, senza troppo ordine, la cena del giorno prima da Tito del Molo, i problemi di politica estera, la nuova Porsche rosso fuoco del commendatore scapolo settantenne della cabina numero 27 che suscitava brevi ma frequenti facezie.
Poi Maritza tornò a rivolgersi a Ezio: “Beh? vogliamo mangiare qualcosa? C’è un buffet tipo Club Med che ci aspetta, ha appetito? “Le pare che potrei non averne dopo il bagno che abbiamo fatto?” “Facciamoci sotto, allora, o si mangeranno tutto gli altri”.
Tre lunghi tavoli a forma ovale mettevano in mostra su tovaglie di merletto le prelibatezze più raffinate ed esotiche sotto un gazebo allestito elegantemente ad una decina di metri dallo sportello della direzione. “Qui ci sono piatti e posate, non faccia economia – disse la donna – si ricordi che oggi è mio ospite e deve andarsene soddisfatto” “Avrei voluto offrire io il pranzo…” “Non ci pensi neanche”. “Mi permetta almeno lo spumante”. “Vuole farmi arrabbiare?” Riempiti i piatti ed arraffata una bottiglia di brut di marca, i due si accomodarono ad un tavolino bianco laccato come le seggioline.
“Che pensa di Bertrand ed Agata?” domandò Ezio, e a quel punto il discorso non avrebbe potuto cadere che lì. “Una brutta faccenda. Lui certamente sta soffrendo molto. E lei non sa se sarà in grado di essergli di sufficiente conforto; l’ultima volta che l’ho sentita mi è parsa molto preoccupata. Non vorrei che anche Agata finisse per deprimersi più di quanto debba. Bert subito ha reagito bene, ma una volta a Bucarest si è lasciato andare ed ora pare vivere come se non avesse più uno scopo”. “Teme che possano farsi del male a vicenda, anche senza volerlo?” “Sarebbe la cosa peggiore. Agata ha un carattere forte, gli ha promesso di raggiungerlo e restare con lui per quindici giorni; ma con quale spirito poi si lasceranno di nuovo?” “Ma Bert non ha ferie?” “No, è appena arrivato in stabilimento e deve maturare un anno di lavoro per averne diritto”. “Immagino che almeno si dia da fare per trovare un’occupazione alternativa in Italia” “Sì, ma non è facile, anche se ha alcuni santi in paradiso che ha messo in movimento”. “Questa potrebbe essere la soluzione”.
Poi, improvvisamente e senza preavvisi, Maritza parve alterarsi: “Chi le ha insegnato a fare la scarpetta col pane?” “Mi scusi – fece Ezio sorpreso – non intendevo fare qualcosa che la disturbasse” “Già, in trattoria da lei la gente è abituata a comportarsi così?”
La sua espressione era diventata rigida e seccata, sembrava che quel particolare l’avesse particolarmente irritata. I due portarono a termine il pranzo e passarono assieme ancora un’oretta. “Mi scusi – gli aveva detto lei più tardi – io spesso do importanza a cose che non ne hanno alcuna”, ma la conversazione adesso non era più così lineare e spontanea e il loro feeling aveva subito una robusta battuta d’arresto. Infine Maritza si ritirò in solitudine sotto il proprio ombrellone e si appisolò senza più fare una parola con nessuno. Ezio si domandò se avesse sbagliato una seconda volta.
Durante il viaggio di ritorno su una carrozza ugualmente elegante come quella del mattino, non volle pensare più di tanto a quello che era accaduto. Si era convinto molti anni addietro che le donne sono esseri bizzarri ed è meglio non dare troppa importanza ai loro comportamenti; l’esperienza personale gli aveva dato poi parecchie conferme di questa sua opinione. Probabilmente Maritza era una di quelle persone assolutamente rigorose con se stessa e con gli altri e se qualcosa usciva dai suoi canoni, anche d’etichetta, non poteva sopportarlo. Era stata una giornata strana, ma ora gli rimaneva ancora un bel po’ di tempo per dedicarsi alla lettura di un buon libro di storia.
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