Capitolo XI

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Set 27

Capitolo XI

Capitolo Undicesimo

di Aldo Carpineti

capitolo xi

L’azienda rumena dove lavorava Bertrand aveva sede a Mizil, località ad un centinaio di chilometri da Bucarest. Agata prese un taxi dall’aeroporto della capitale per arrivarvi. Aveva prenotato una camera d’albergo non lontano dagli uffici in modo da poterlo raggiungere a piedi quando volesse.

La donna passò a depositare le valigie e poi fu subito da Bert. Lo trovò dimagrito e visibilmente depresso, ma sostanzialmente non peggio di come se lo era potuto rappresentare sentendolo per telefono. “Mangi?” fu la prima cosa che gli domandò “Sì, cucino io stesso, qui la carne è buona e si mettono patate dappertutto; ho appetito, e mi nutro più che a sufficienza anche se ho perso un po’ di chili. Ma lasciati guardare, sei sempre bellissima, vedendoti mi sento rinascere”. Si abbracciarono a lungo e Agata pianse di commozione. Non si vedevano da un paio di mesi, ma erano successe tante cose in quel periodo che pareva passata una vita intera. Bertrand si teneva a posto anche nel vestire e sembrava tutto sommato meno malandato di come lo avevano descritto a Lucca. “Il mio lavoro qui è semplice e ripetitivo, ma non me ne lamento, perché così evito tante preoccupazioni di non essere all’altezza. Ho legato con i colleghi che sono brava gente: mi mancate soltanto tu e l’Italia, e non sono due argomenti da poco. Mi sono tolto dalla testa, almeno per il momento, le ambizioni di carriera e, di conseguenza, anche se non ho più dentro di me la carica di un tempo, non soffro l’eccesso di stress; la mia adrenalina ha scoperto un po’ di riposo”. Si scambiavano queste prime confidenze nell’ufficio di lui, ed Agata non poté trattenersi a lungo, ma si diedero appuntamento per la serata in hotel. La donna rientrò nella propria camera d’albergo molto sollevata, Bertrand arrivò alla fine dell’orario di lavoro con il cuore pieno di emozione.

Si rividero da lei poche ore dopo ed il secondo incontro non fu meno tenero del primo; ora lui poteva abbandonare ogni ritegno ed esprimere tutto il suo angosciato stato d’animo; raccontò del mese passato a Manchester e delle difficoltà incontrate nei rapporti con gli altri; dai suoi collaboratori ai massimi responsabili, sembrava che tutti volessero fargli la guerra; il trasferimento a Mizil era stato, alla fine dei conti, la liberazione da un incubo. In Romania, quasi paradossalmente, soffriva meno la solitudine, la gente lo aveva accolto amichevolmente, forse perché aveva dismesso del tutto quella sua aria da conquistatore del mondo con la quale si era presentato in Inghilterra. Ora la sua vita era piccola piccola, aveva abitudini essenziali, la pulizia della casa, la preparazione dei propri pasti due volte al giorno nell’angolo cottura della piccola stanza, ed un lavoro che non gli dava scosse; un’esistenza regolare ed anonima.

Parlarono dei parenti di lui, dei pomeriggi invernali e delle serate primaverili all’ippodromo di Montecatini, delle cene “da Ezio”. “Sei tornata alla trattoria, lo hai più visto quello?” “Sì, ha conosciuto Maritza, ma non ho potuto capire quanto si siano intesi. Sia l’uno che l’altra sono piuttosto reticenti sull’argomento. Di sicuro c’è soltanto che lui le ha fatto visita al mare, perché me lo ha detto lei”. “Ma guarda un po’ il giovanotto, più svelto di quanto pensassi…. non mi era molto simpatico, quel tipo, parteggiava senza mezzi termini per la tua decisione di non seguirmi in Inghilterra…. un rompiscatole”. “Non giudicarlo male, è una persona a modo e anche di una certa cultura”.

“I tuoi esami di maturità?” “Gli allievi erano bravi, per la maggior parte; il livello di preparazione dei ragazzi è cresciuto negli ultimi anni, e sembrano più responsabili anche i maschi che una volta erano di norma meno diligenti delle femmine; ne abbiamo bocciato soltanto un paio, ma erano arrivati durante l’anno da scuole dove non avevano lavorato quasi niente. Il risultato finale ci ha soddisfatto, complessivamente, ed anche i membri interni sono stati contenti perché abbiamo sostanzialmente confermato i loro giudizi di ammissione”. “Anche qui i giovani, in genere, sono positivi; quelli che vengono in Italia e combinano pasticci sono la frangia peggiore che rovina la reputazione di un paese fatto di gente per bene, lavoratrice ed onesta”.

“Fa piacere sentir dire queste cose, viene da pensare che il destino dell’umanità non sarà poi così tragico come lo descrivono i futurologi più pessimisti”.

“E’vero, si può dire che nei paesi meno sviluppati la gente sia migliore; chi vive in Romania ha, tutto sommato, un’immagine del mondo sufficientemente rasserenante; sono, se mai, le nostre vecchie democrazie corrotte e disoneste che ci inducono a previsione tenebrose”. “Bene, sono contenta che questo posto ti piaccia, in fin dei conti è qui che devi vivere, almeno per il momento”.

Cenarono nel ristorante dell’hotel e poi uscirono a fare quattro passi nel centro cittadino in una bella serata tiepida come quelle che erano per loro famigliari a spasso per le vie di Lucca. Trovarono le vetrine ancora accese e fecero programmi di shopping per il sabato successivo.

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