Capitolo XVII

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Ott 5

Capitolo XVII

Capitolo Diciassettesimo

di Aldo Carpineti

capitolo xvii

L’azienda meccanica alla guida della quale Bertrand era stato inserito prevedeva un organigramma abbastanza complesso, pur occupando non più di ottanta dipendenti. Accanto al settore tecnico, operavano infatti con un certo grado di autonomia ma coordinati l’uno rispetto all’altro, quello di programmazione della produzione, il marketing, il settore del personale, il finanziario-contabile, l’ufficio organizzazione e metodi, l’ufficio acquisti, la manutenzione degli impianti meccanici ed edili: ciascun settore contava, alle dipendenze di un dirigente, su una forza di quadri e impiegati variabile e proporzionale a seconda delle esigenze del servizio; il maggior numero di operai, come naturale, era inserito nel settore tecnico, con varie specializzazioni: saldatura, tracciatura, taglio lamiere, fabbri e calafati, tubisti, operatori alle macchine utensili tradizionali e a controllo numerico: questi ultimi erano, nell’ambito della mano d’opera, i soggetti più professionalizzati essendo addetti a strumentazione ad alto contenuto tecnologico.

Bert, quale amministratore delegato, aveva la rappresentanza dell’azienda, la responsabilità degli atti sia dal punto di vista civile che penale, era l’unico soggetto a poter impegnare la società all’esterno con la propria firma. Pur nella articolazione persino esagerata della ripartizione funzionale per una società di dimensioni medio-piccole, i contatti finali che implicavano rilevanza al di fuori dell’azienda dovevano in ogni caso fare capo a lui. In altre parole, tutta la documentazione in uscita portava sempre, accanto a quella del dirigente proponente l’atto, quella di Bertrand. Una organizzazione per così dire ad imbuto, da una parte largamente distribuita fra varie entità aziendali, per altro verso accentrata sotto il profilo dell’atto conclusivo di ogni iter decisionale. E’ ovvio che, in una realtà così ordinata, la figura di Bertrand assumesse un rilievo di assoluto prim’ordine.

Il Presidente, proprietario e imprenditore privato della S.r.l.assieme ad altri due soci titolari di un numero minore di quote, aveva voluto Bert alla guida in quanto gli era stata data assicurazione della grande competenza del manager sia nella funzione finanziaria sia in quella legale societaria e del personale, campi in cui lui non si sentiva particolarmente preparato, venendo, a partire da molti anni prima, da una esperienza sul campo di natura tecnica. Ne derivava, come conseguenza, che il Presidente avrebbe lasciato a Bertrand larga autonomia d’azione, pur pretendendo di essere tenuto al corrente delle linee guida che questi di volta in volta decidesse di scegliere nella conduzione dell’azienda. Proprio ciò che a Bert stava tanto a cuore e che si era augurato accadesse arrivando a Falconara, animato da nuovo spirito gestionale.

L’incontro dei due uomini d’azienda fu dei più cordiali: il presidente offrì un pranzo a Bert in uno dei migliori ristoranti del centro di Ancona e gli parlò diffusamente delle filosofie, la mission e il mercato della S.r.l.Il nuovo amministratore seguì attentamente ogni sua parola, intenzionato com’era a diventare rapidamente padrone di ogni aspetto del proprio incarico e rivolse frequenti domande, dalle quali il Presidente poté subito rendersi conto dell’effettiva competenza del manager. “Ogni azienda è un mondo a sé – concluse Bertrand – ma tutte si assomigliano un po’, almeno per quelle che sono le modalità fondamentali di gestione; non abbia dubbi, faremo un ottimo lavoro assieme, lei ed io”.

Il giorno dopo fu in ufficio molto presto, in mattinata, per studiare approfonditamente le carte societarie e per conoscere i dirigenti responsabili di settore, che giudicò preparati, e dai quali ritenne di poter ottenere, senza eccezioni, la massima collaborazione possibile.

Lo spettro di Manchester era ormai allontanato e Bert considerava di essere pienamente soddisfatto del primo impatto con questa società, che aveva potuto scoprire ricca di esperienza negli uomini e soddisfacente nelle strutture. Né troppo antica né di recente costituzione, la S.r.l.aveva in sé le caratteristiche per mantenere ed incrementare la propria affermazione in campo tanto locale, per l’attività di riparazione meccanica in genere, quanto nazionale per la produzione di gru e mezzi di sollevamento ad alta tecnologia; e non era escluso che potesse ambire a raggiungere, in un futuro non troppo lontano, anche mercati esteri europei dove la concorrenza non avesse già saturato la domanda. Tra l’altro, il suo periodo rumeno gli aveva dato l’idea di quali esigenze d’importazione potessero essere presenti laggiù e, di conseguenza, riteneva di poter aprire un dialogo d’affari con il paese che lo aveva ospitato pur se per un momento molto breve.

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