Capitolo XXI

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Ott 8

Capitolo XXI

Capitolo Ventunesimo

di Aldo Carpineti

capitolo xxi

Maritza non si fece più vedere in trattoria e le telefonate di Ezio non ebbero esito. Il giovane ne rimase scosso. Questo distacco lo aveva amareggiato forse più di quello che aveva vissuto, poco più che ragazzo, con la sua prima fidanzata. E persino Agata, che voleva molto bene ad entrambi, era stata presa da una sorta di malinconia sottile dalla quale sembrava potersi liberare difficilmente.

A questo loro cruccio era invece piuttosto poco interessato Bertrand, tutto preso dalle favorevoli vicende della sua azienda, e propenso a tagliar corto con Agata ogni volta che, incontrandosi, questa gli riproponesse il proprio dispiacere. A Bert degli scrupoli di coscienza degli altri importava sostanzialmente poco e quel che gli stava a cuore era trovare nella sua donna la disponibilità a spartire con lui le soddisfazioni del momento. Ne derivava che il ritornare sull’argomento da parte di Agata gli procurasse fastidio se non addirittura, nei casi peggiori, astio e collera, perché la loro unione, a quel punto, avrebbe dovuto essere pienamente felice e priva di qualsiasi remora inutile ed ingiustificata.

Spesso ripeteva di come fosse soddisfatto dell’andamento dell’azienda e questo era tutto ciò cui bisognava pensare durante i loro fine settimana insieme: “Io mi sento a posto qui a Falconara, ed anche tu hai la tua scuola che ti riempie le giornate, se gli altri hanno i loro problemi, se li tengano”.

A scuola Agata cercò più volte di parlare con Maritza, che non rifiutava la conversazione con l’amica e collega, ma considerava chiuso l’argomento quanto al suo rapporto con Ezio: “So quanto soffrirei se tentassimo un recupero, ci sono già passata, non ho intenzione di tornare sulle mie decisioni”.

La primavera lasciava il posto ad una estate già calda ed esuberante di sole, Agata si apprestava nuovamente agli esami di maturità che avrebbe svolto quest’anno in una scuola di Prato: attendeva, come tutti i fine settimana in cui lei e Bert non avessero previsto un suo spostamento a Falconara, che fosse il suo uomo a raggiungerla in Toscana. Ma quel sabato pomeriggio attese invano: nonostante gli accordi telefonici del giorno prima, Bertrand non arrivò né fu possibile rintracciarlo al cellulare che era il normale mezzo di comunicazione di lui, dal momento che nella sua mansarda non c’era un telefono fisso. La preoccupazione di Agata crebbe perché neppure domenica Bert arrivò ed il cellulare continuò a dare il segnale della segreteria telefonica.

Riuscì a rintracciare Bertrand soltanto il lunedì mattina, al telefono del suo ufficio: “Bert, che succede? ti ho aspettato per due giorni interi; mi sono preoccupata tanto”. “Agata – rispose lui pacatamente – ti devo parlare a tu per tu, mi farò dare un giorno di permesso e verrò a trovarti in settimana.

A Lucca, un paio di giorni dopo, l’uomo sembrava molto imbarazzato nell’affrontare l’argomento. “Parlami senza timori – lo incoraggiò Agata – non devi preoccuparti di quello che posso pensare io”.

“Agata, ad Ancona ho una relazione con una signora dell’alta società: ci intendiamo a meraviglia, sono convinto di essere capito e sostenuto nella mia attività professionale; non ho con lei tutte le apprensioni che da qualche tempo vivo con te: mi sento finalmente appagato e pieno di energie. E questa donna mi può aiutare nella scalata sociale, non è escluso che alla prossima legislatura io possa arrivare a Roma. Sono stato bene con te, Agata, ma credo che quella sia la mia strada: ho idea di fermarmi nelle Marche, interromperò i miei tentativi di rientrare a Lucca. Ti auguro buona fortuna, avrò comunque di te un buon ricordo, spero che tu possa dire altrettanto di me”.

Agata si sentì dispiaciuta ed anche un poco colpita nell’amor proprio, ma non costernata. Bertrand per lei rappresentava una compagnia ed una abitudine più che un grande amore. In fin dei conti saperlo sistemato rappresentò, al contrario, quasi una liberazione per la sua coscienza: “Se, come dici, questa è la tua strada, non posso né voglio impedirti di percorrerla. Buona fortuna anche a te, Bertrand”.

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