Capitolo XXV

Un amore maturo

In una laboriosa provincia lucchese si svolge la trama di questo romanzo breve, che vede in scena diversi personaggi protagonisti in diversi ruoli ma amalgamati in una comune ambientazione caratterizzata dagli stretti rapporti di affetto e dal lavoro. Le tematiche aziendali e della scuola ritornano qui come tipiche del vissuto di Aldo Carpineti, che non rinuncia a traghettare nei propri scritti esperienze attuali e passate della propria vita. Romanzo di costume anche questo informato alla quotidianità ed alle relazioni fra le persone, spesso complicate dalle vicende di questo o quell’altro personaggio ma redirette poi ad un lieto fine generale. Il mondo di oggi, le tensioni di chi lo vive nella varietà delle situazioni che offre pur nella tradizione di un’etica di fondo che non abbandona mai lo svilupparsi del racconto.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Ott 10

Capitolo XXV

Capitolo Venticinquesimo

di Aldo Carpineti

capitolo xxv

Le giornate di Agata e Ezio sembravano trascorrere piene e soddisfacenti, attraversavano un periodo nel quale è difficile chiedere qualcosa di più alla sorte.

Erano le nove della sera e sull’out-look acceso del computer di lei comparve una e. mail inattesa. Agata osservò meglio il mittente: era proprio lui, Bertrand, che le scriveva, con toni accorati, affettati, addirittura melliflui, ma al tempo stesso, come era nelle sue abitudini, perentori ed imperativi.

“Dolcissima Agata, soltanto ora ho capito di aver sbagliato; quella donna non era che una sirena ingannatrice, una meteora che passa e si allontana rapidamente come è arrivata; soltanto tu sei la donna della mia vita, non ho dubbi, non ci possono essere dubbi. Domenica prossima all’una sarò alla trattoria da Ezio e tu verrai ad incontrarmi, ne sono certo. Sempre più tuo Bert”. Agata non rispose.

Ma preciso come il Rolex Daytona che portava al polso sinistro, Bertrand si sedette ad un tavolino del dehors di Ezio. Aveva un vestito intero testa di moro, al taschino della giacca un fazzolettino a fiori blu notte e bordeaux, farfallino al collo in tinta con il fazzoletto, camicia bianca a colletto alto senza una piega e gemelli d’argento; scarpe con lacci, a punta, caki, coperte per una parte dal risvolto dei pantaloni.

Ezio gli si avvicinò con passo lento: “Se è venuto per mangiare sarò lieto di servirla, Bertrand, se vuole vedere Agata le assicuro che non verrà”. “E lei che ne sa, Agata è sempre un po’ in ritardo, arriverà qui a momenti, può starne sicuro” “Veda lei, se nel frattempo posso portarle un aperitivo, due stuzzichini…” “Mi porti uno spumantino secco”.

Bertrand bevve senza fretta il brut e cominciò a roteare nella mano destra il bicchiere vuoto; si stava rendendo conto che Agata non sarebbe arrivata davvero. Si alzò improvvisamente, buttando a terra il tovagliolo aperto: “Andrò a cercarla a casa sua”. “Non la troverà neanche là – disse Ezio allungandogli rapidamente il conto di 5 €. Bert si cacciò una mano in tasca e pagò con una smorfia di disgusto: “E dove dovrebbe essere allora?” “A casa di un’amica, la aiuta ad accudire il bimbo appena nato”. “Mi dia l’indirizzo” “Non ci penso neppure”. “Lei è un autentico mascalzone, ma saprò trovarla io, vedrà”.

Bertrand attese la sera ed alle dieci andò a suonare al campanello di Agata. Lei, senza aprire, chiese chi fosse a quell’ora. “Sono Bert, Agata, aprimi”. La donna lo fece entrare. “Non hai letto la mia e. mail? ti invitavo in trattoria per l’una”. Agata gli rispose con la sua abituale cortesia, ma con altrettanta fermezza: “Certamente l’ho letta, ma ho ritenuto bene non venire. La nostra relazione è finita da tempo Bert, del resto sei stato tu stesso a dirmi di aver trovato di meglio. Io ora vivo un altro amore, finalmente un amore maturo. Dimmi che cosa posso offrirti da bere, stai pure qui quanto vuoi, ma permetti a me di lavorare girottolando per la casa”. Bertrand chiese un Ballantines, provò ancora qualche avance, poi comprese, si deterse il sudore dalla fronte usando il fazzoletto del taschino e disse che preferiva andar via; Agata lo accompagnò alla porta dicendogli di telefonarle quando volesse, lei lo avrebbe ricordato sempre con affetto. Bertrand uscì, appoggiando al volo il bicchierino su una mensola, curvo nella sua giacca color testa di moro.

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