Con-Siderazioni

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Flusso di prodotti razionali nel mercato libero.
Rete sistemica. Insetti umani in moto semi aleatorio.
Gilles Deleuze!
Movimento. Trasmissioni.
Argomenti relativi a composizione, mescolanze linguistiche e comunicative, pro forme, forme e metamorfosi. Performare. Eliminazione delle gerarchie sensoriali.
Libertà di e della Parola.
***
-Cosa fa lei, nella vita?
-Faccio fatica.
-Ma di cosa si occupa, mi scusi?
-Mi occupo e basta. Come il posto libero, a teatro. E osservo. E ascolto. Emetto, talvolta.

Milena Antonucci

Milena Antonucci
Genova, 01/06/1979. Diploma di maturità classica, Liceo Statale Andrea D'Oria; 4 Diplomi di lingua inglese (livello Upper-Intermediate) riconosciuti dal British Council; Università degli Studi di Padova, Laurea Quadriennale in Lettere e Filosofia, 108/110 con tesi: “Per farla finita con il suicidato della società: la figurazione della tortura in Antonin Artaud”; esperienza (2001-2005) al Tam Teatromusica di Padova come performer; autrice del poema in versi Parco di Luna; docente del corso Voce d'ascolto presso Satura Associazione Culturale, autrice per l'omonima Rivista; incarichi ricevuti da vari editori per la traduzione di testi letterari dall'inglese all'italiano. Degna di nota la cotraduzione dell'antologia musicale contemporanea Sound Unbound, a cura di Paul D. Miller aka DJ Spooky That Subliminal Kid ed edita da Arcana Edizioni.

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Gen 2

Con-Siderazioni

siderazióne1 s. f. [dal lat. sideratio -onis «l’essere fulminato da un morbo» (v. la voce prec.)]. – Nel linguaggio medico, morte causata dal passaggio di corrente elettrica nel corpo umano, la quale produce arresto più o meno istantaneo delle funzioni vitali

di Milena Antonucci

Paolo Ciomei, Senza Titolo

25 ottobre 2008

È la voce sommessa che detta e sussurra quello che non riesco a dire. Un suono timido accorre e rimane costretto all’interno, tra le due orecchie. Di nuovo non sono felice. Sono figlia dell’impotenza, della privazione, d’una solitudine costretta, d’una voce strozzata. Avanzo nell’inerzia dell’inutile mondo in cui mi trovo a stare. Non vorrei avvertire questo troppo comune sentimento triste e statico. Privo d’orizzonti. Esco perfino all’aperto, a cercarli. Più non voglio amare il rifiuto, seppur gentile, che avverto. Il costante richiamo alla pazienza, nell’attesa di, nell’attesa che… arrivi quella minima dignità che svela un senso allo stare al mondo. Non è niente di strano, non è niente di geniale, è solo quel tanto di autentico che ti permette di schiudere… una possibilità, un sorriso, un godere dell’istante. Figli siamo della disgregazione dei figli dei fiori, della mancanza di territori, della scomparsa di Dio, della scomparsa dei surrogati di dio, attaccati alla fasulla ma fortissima intensità del momento dell’oblio, ed in questo tragico oblio ci sentiamo stranamente rimessi in vita. In una vita che perpetuiamo senza quasi niente, solo con il nodo in gola per non poterne digerire la materia intossicata, irrespirabile, sulla punta di un mondo ch’altro non può fare che fissare il suo tramonto. Figli siamo dell’istante che precede il nostro ritrovarci orfani, senza nemmeno aver appreso ciò che abbiamo perso.

Non esiste cosa più meschina che comportarsi come se qualcuno ci stesse osservando.

“non mi cercheresti se non mi avessi già trovato”, Pascal

Non si può cercare quello che non si conosce, ma solo quello che si è già conosciuto.

La ricerca nel ricordo è un ripercorrere a ritroso e parrebbe deviazione dal percorso presente ed un voltarsi con affanno.

Quello che vogliamo essere, lo siamo già.

Anche perché, per colpa del ricordo,

potrebbe non essere più il tuo, il cammino.

Quel senso d’appartenenza con cui lo costringiamo tra le nostre gambe e di cui abbiamo imparato a vantarci potrebbe… sfilacciarsi.

E noialtri… cadere.

Dal nostro.

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