Da Sicobas, il Sindacato Intercategoriale. Lavoratori Autorganizzati, una denuncia

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Da Sicobas, il Sindacato Intercategoriale
Lavoratori Autorganizzati, una denuncia

Francesco Cappuccio, sindacalista Cgil, ci ha fornito il documento

di Aldo Carpineti

Infermieri
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Il documento

Le colpe dei padri non dovrebbero cadere sui figli, così le colpe delle direzioni non dovrebbero ricadere sui suoi dipendenti.

Non dovrebbe succedere ma succede.

Il fatto. Un utente muove una causa penale ai danni di una nostra iscritta. Accusa danni subiti durante un’infusione. Ci sta, però, c'è un però grande come una casa, la collega perseguita non è responsabile della errata manovra.

La situazione è assolutamente kafkiana. La sua colpa è di essere la sola persona abilitata a trovarsi nel posto dove si è consumato il fatto.

Solo lei ha i requisiti perfetti per essere un capro espiatorio.

Il collega estemporaneamente assegnato al reparto è privo di esperienza nell'attività specifica e non si era provveduto a nessuna istruzione o affiancamento. Altro tratto kafkiano alla vicenda: si viene a sapere che l’Azienda ha comminato una sospensione per motivi disciplinari gravi al collega chiamato a supportare la collega oberata da pesantissimi carichi lavoro. La sospensione però inspiegabilmente non viene applicata.

Siamo alla sospensione della sospensione!

Perché una tale bizzarria? A copertura di una casella vuota è sembrato utile far figurare un nome. La copertura è posticcia perché tutto il peso dell'attività ricade solo sulle spalle di chi è in grado di essere operativo. La copertura di chi non può esserlo è un puro ed inutile artificio.

Ma tant'è che la nostra collega pur estranea all'incidente (stravaso) è il solo nome da dare in pasto alle giustificate rivalse della paziente.

Il collega aggregato non doveva e non poteva essere schierato il quel contesto lavorativo. Il suo profilo non è spendibile. Il suo nome non può figure nelle carte.

Per trarsi d'impaccio i vari livelli gerarchici attuano una sorta di omissis che di fatto si traduce in un fuoco amico che investe suo malgrado la collega.

La sua colpa? Essere presente sul lavoro e farsi carico di una situazione gravida di urgenze e pericoli e comunque cerca di dare il meglio del suo impegno nelle condizioni date.

La Direzione che dovrebbe garantire condizioni di lavoro sufficientemente sicuro e una adeguata dotazione di personale ha pensato bene, cioè male, di occultare le vere responsabilità e scaricare sulla collega l'onere della difesa per colpe non sue.

Insegnamenti da trarre: denunciare sempre e per iscritto le condizioni di rischio in cui si opera.

Mettere in luce che le condizioni di lavoro ci sono imposte e non volute.

Si sa certi dirigenti hanno il cattivo vizio di far la faccia brutta o ancora peggio, accusare di offesa al decoro aziendale chi muove critiche alla gestione sino ad attivare ritorsioni disciplinari; è successo in varie strutture sanitarie nazionali: Genova, Roma, Varese ecc. Il non farlo però ci rende corresponsabili delle malefatte. La narrazione della malasanità deve servire solo d’abbinamento ai cosiddetti furbetti del cartellino ma tacere sui furboni dei piani alti?

Il cittadino che lancia l'allarme per un muro pericolante svolge un dovere civico, lo stesso deve valere in ambito sanitario. Questo condotta ha anche un significato di autotutela, attiva una sorta di assicurazione a futura memoria per evitare che le responsabilità rotolino sempre verso il basso dal super manager al primario al medico all'infermiere fino all'addetto alle pulizie.

Martedì 4 dicembre 2018

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