di Alberto Samele socio del Partito di Orizzonte
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Il Coronavirus ha messo in ginocchio il già fragile mercato dell’Unione Europea, portando tutte le principali economie del Vecchio Continente a flessioni molto consistenti del Pil.
Si è resa pertanto necessaria una strategia comune e condivisa tra i vari Paesi dell’Ue per affrontare l’emergenza tuttora in corso.
Il Fondo di Recupero, questo il significato di Recovery Fund, ha proprio come finalità quella di limitare l’impatto della Pandemia, di sostenere e di rivitalizzare l’economia degli Stati membri nel presente e nel prossimo futuro.
Si tratta di un meccanismo molto complesso attraverso il quale è stato elaborato un piano da 750 miliardi di euro divisi tra sovvenzioni e prestiti; finanziamenti reperiti con l’emissione di debito comune. Tale liquidità sarà pertanto raccolta sui mercati finanziari e sarà suddivisa in 390 miliardi di euro sottoforma di contributi a fondo perduto (sovvenzioni) e in 360 miliardi di euro di prestiti (che dovranno pertanto essere restituiti).
Senza dubbio il recovery fund introduce un’importante novità nel contesto europeo. Per la prima volta infatti è stata prevista una condivisione del debito, attraverso l’emissione di titoli comuni, garantiti da ogni singolo Stato membro, sui mercati finanziari. I singoli Paesi, infatti, non dovranno erogare soldi ma esprimere una garanzia sui titoli stessi. Tale debito dovrà essere ripagato dall’Ue entro la fine del 2058.
Per quanto attiene la suddivisione tra i singoli Paesi, è stato deciso di tenere conto del numero della popolazione di ogni singolo Stato, del Pil pro capite e del tasso di disoccupazione, nonché dell’impatto della crisi dovuto dalla pandemia in ogni singola economia nazionale. In virtù di questi criteri, l’Italia risulta il primo Paese dell’Unione per importo di finanziamenti/contributi ottenuti.
Dovrebbero pertanto spettare al nostro Paese circa 208,8 miliardi di euro (quasi il 28% del totale complessivo), ripartiti in 127,4 miliardi di presiti e 81,4 miliardi di sovvenzioni.
Il rimborso dei prestiti ricevuti dovrebbe seguire la dinamica dei rimborsi Ue sui titoli che andrà ad emettere per ottenere dal mercato i 750 miliardi; ovvero alle stesse scadenze in cui l’Ue dovrà rimborsare le tranches dei titoli emessi, riceverà anche i rimborsi dagli stati membri. L’Unione Europea inizierà ad emettere titoli nel 2021 e li rimborserà entro il 2058. Allo stesso modo il nostro Paese dovrà rimborsare i circa 127 miliardi di euro entro il 2058.
Ovviamente, i finanziamenti destinati ad ogni singolo Paese, soggiacciono, a precise condizioni.
Ogni singolo Stato membro dovrà infatti presentare, entro aprile 2021, un piano nazionale di riforme 2021-2023 al quale sarà subordinata la ricezione dei soldi. Tali piani, saranno posti a valutazione della Commissione Europea entro due mesi dalla loro presentazione. Lo studio e la successiva approvazione saranno espressi a maggioranza qualificata dal Consiglio Europeo, attraverso atto di esecuzione, da adottare dopo parere favorevole del Comitato economico e finanziario sul conseguimento dei target previsti. Qualora fossero espressi dubbi e perplessità in merito, non saranno approvati i relativi pagamenti.
La Commissione Europea ha infatti definito delle linee guida, dei target che i singoli governi dovranno prendere in considerazione per la stesura dei loro Piani. Tra i principali abbiamo: la sostenibilità ambientale, l’economia digitale, e spese per la green economy.
Come detto, i finanziamenti saranno collegati all’approvazione del piano, ma anche alla sua attuazione e al rispetto delle tabelle di marcia in esso indicate.
Si tratta sicuramente di una opportunità molto importante per l’Italia, per porre in essere tutte quella serie di riforme al tessuto economico-sociale di cui il nostro Paese ha bisogno, ma si tratta comunque anche in un potenziale rischio, se tutto non viene ampiamente e dettagliatamente pianificato, visto che si tratta in buona parte di prestiti, e pertanto di aumento del nostro debito pubblico, che seppur lontani nel tempo e a tassi di interesse relativamente bassi, dovranno poi essere rimborsati e restituiti.
Noi di Orizzonte, vediamo nel Recovery fund, una buona possibilità per una crescita del Nostro Paese, visto che l’Europa prevede che buona parte delle risorse vengano impiegate in settori e in tematiche su cui Noi da sempre ci battiamo visto che le principali destinazioni d’uso dei fondi riguardano, come detto la transazione ad una economia verde e la digitalizzazione.
Nel dettaglio, Noi di Orizzonte vorremmo trasformare, per quanto attiene la transazione verde, la nostra economia il più quanto possibile, in un’economia ad impatto zero, amica del clima, basata su un’economia circolare. Questo anche attraverso investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, migliorando anche l’efficienza energetica ed attraverso incentivi per la trasformazione e rivalorizzazione delle industrie in produzioni maggiormente sostenibili. Anche il mondo dei trasporti merci dovrebbe essere rivisto, visto che il nostro Paese utilizza quasi esclusivamente il trasporto su ruota, incentivando così l’utilizzo di metodologie più economiche e meno dannose per il sistema ambiente.
Anche la mobilità sociale, per Noi sarebbe oggetto di intervento, con un rinnovamento del trasporto pubblico locale; così come oggetto di intervento deve essere la cura del territorio, con finanziamenti alle regioni (e il successivo controllo che questo avvenga) per la prevenzione delle catastrofi idrogeologiche.
Tema inoltre importante è riportare la gestione dell’acqua in mano Pubblica e una politica seria ed efficace nella gestione dei rifiuti.
Altro punto riguarderebbe la digitalizzazione dell’economia, visto l’arretratezza del nostro Paese, nei confronti degli altri competitors mondiali. Miglioramento delle infrastrutture digitali e del livello di conoscenza digitale, sempre in ottica di un’economia sostenibile, devono essere i campi di battaglia. La digitalizzazione deve però riguardare anche il mondo sociale, visto le difficoltà a ricoprire soprattutto le zone rurali con la fibra.
Altre risorse dovrebbero essere investite, nella scuola pubblica, ancora una volta nelle infrastrutture, nelle assunzioni dei docenti, nella formazione, nella dotazione delle scuole di tutti gli strumenti di didattica necessari per un buon apprendimento degli studenti, nel sostegno degli studenti con difficoltà.
La ricerca, in tutti i settori, ma specialmente quello scientifico, deve essere anch’esso una priorità, evitando così che le nostre migliori menti debbano andare all’estero per potersi affermare.
Anche la sanità pubblica dovrebbe essere oggetto di innovazione ed ammodernamento, migliorando inoltre il patrimonio edilizio con la costruzione e/o riqualificazione delle strutture esistenti verso sistemi di efficienza energetica e sostenibilità ambientale.
Questi finanziamenti consentirebbero inoltre la riforma del sistema giustizia, con la riduzione dei tempi processuali, ma anche con l’efficientamento della Pubblica amministrazione in generale, e consentirebbero anche una vera lotta alla corruzione e all’evasione.
In ultimo, ma sicuramente non meno importante, e come più volte da Noi sostenuto, deve essere attuata la riforma del mondo del lavoro, cercando una diminuzione dell’orario lavorativo, cercando di formare i nostri giovani, cercando di dare loro una occupazione (e non un reddito di cittadinanza), agevolando le assunzioni a tempo indeterminato, rivedendo i contratti collettivi, e sostenendo l’occupazione femminile. Tutto questo legato ad una detassazione dei salari più bassi e all’introduzione di nuove forme di tutela dei lavoratori, consentendo una maggiore equità sociale.
Molti, come sottolineato, sono gli aspetti positivi del Recovery Fund, ma altrettanti possono essere i punti critici e che meritano attenzione. Dove verranno prese le risorse per finanziare i soldi che l’Europa andrà ad erogare a fondo perso? L’approvazione piani si baserà solamente su basi e criteri oggettivi? Dove l’Italia prenderà le risorse per restituire i presiti?
Questi sicuramente risultano i maggiori interrogativi legati al Recovery Fund, considerando che in buona parte si tratta di veri e propri prestiti Europei. Sarebbe stato infatti opportuno, soprattutto per gli Stati Membri maggiormente colpiti dalla Pandemia, aumentare la quota delle sovvenzioni a discapito dei prestiti, visto che l’Unione Europea ha maggiore forza economica di ogni singolo Stato appartenente e può sobbarcarsi a minori costi i danni della crisi. Anche per quanto attiene i presiti, sarebbe stato opportuno prevedere che almeno in parte il tasso di interesse fosse nullo. È infatti vero che i tassi di interesse risultano bassi, ma è pur sempre vero che, prendendo ad esempio l’Italia, il nostro Paese ha ottenuto prestiti per 127 miliardi d’euro e anche se ad un tasso basso, visto l’importo finanziato, gli interessi costituiranno comunque una importante cifra da restituire.
Venendo invece alle modalità di rientro, da parte dell’Unione Europea, per i 390 miliardi previsti a fondo perso, sarebbe opportuno che esse siano percepiti attraverso l’introduzione di nuove imposte che vadano a colpire le grandi multinazionali che grazie a paradossi fiscali eludono il fisco, invece che la costituzione di nuovi tributi che vadano a colpire indistintamente i cittadini europei, soprattutto i meno agiati. Altre risorse potrebbero essere ottenute dal taglio degli sprechi nella spesa della «macchina» europea.
Anche l’approvazione dei Piani, basati solamente su criteri oggettivi e non di interesse personali, giocherà un ruolo fondamentale nel buon esito dell’intero processo.
In ultimo, risulta doveroso fino ad ora, pianificare, oltre agli interventi/investimenti di cui sopra, un piano serio ed efficiente, che individui accuratamente le modalità con cui saranno reperite le risorse che entro il 2058 ci consentiranno di restituire quanto dovuto, senza prevedere l’introduzione di ulteriori imposte, visto la pressione fiscale esasperante prevista dal nostro attuale regime fiscale.
Venerdì 16 ottobre 2020
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