A metà tra il romanzo di costume ed il noir. La protagonista trova il marito accasciato al di là della porta di casa e, per quanto gli inquirenti decidano, in base alle circostanze, per il suicidio, la donna si adopera per riconoscere l’autore o gli autori del delitto e giunge alla conclusione dopo innumerevoli vicissitudini. Il racconto mette a nudo diverse realtà della società di oggi, fra organizzazioni a delinquere e personaggi malavitosi o semplicemente ambigui, senza dimenticare l’attenzione al particolare geografico, nell’ambiente del levante ligure ben noto all’autore per avervi trascorso una importante parte della propria vita lavorativa.
Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.
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Nov 3
di Aldo Carpineti
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Intanto a Lerici Giusy aveva denunciato la scomparsa della sorella, ma era molto difficile organizzare una ricerca perché non si trovava una traccia da cui partire: Delia sembrava sparita nel nulla e Roberti se la prese con Giusy per averla lasciata andare senza avvertirlo: lei si sentì tra l’incudine e il martello. Gli inquirenti indagarono presso gli abitudinari dei treni che arrivavano fra le undici e mezzanotte, con scarsissimi risultati. Si informarono su chi fabbrica e chi vende pergamena del tipo di quella trovata nella biglia, ma era come cercare un ago in un pagliaio: quella pergamena poteva accompagnare la confezione di qualsiasi prodotto, dalla cartoleria di lusso agli alimentari e vini, a omaggi floreali. Il capitano Roberti aveva un diavolo per capello; da quando le aveva conosciute, quelle due sorelle non gli avevano procurato che grane; ma, per la verità, lui alle grane era abituato, erano gran parte del suo mestiere, però si rendeva conto di non avere il minimo indizio sul quale far conto e questa situazione e le circostanze così come si erano sviluppate lo rendevano furioso. Gli venne in mente di ripescare il giostraio e di metterlo alle strette con un interrogatorio ai limiti delle regole, per vedere se veniva fuori qualcosa; ma poi non gli parve un’idea percorribile, e non ne fece niente.
Sull’isolotto, Fiorella ordinava a Delia di lavare i pavimenti più di una volta al giorno, dicendo che solo così avrebbe espiato i peccati della sua vita colpevole. Passandole a fianco mentre lei era ginocchioni le allungava volentieri una pedata, malgrado tenesse un precario equilibrio sulle gambe e rischiasse di cadere ogni volta che sbilanciava i suoi 120 chili di peso; la percuoteva con un bastone ramoso di pino marittimo, riempiendo dappertutto di aghi secchi e tornava ad esortarla in modo turpe a fare più in fretta con ramazza e sapone, a non perdere tempo: “se batti la fiacca è peggio per te, sgualdrina, quante volte te lo devo dire?”
“Guarda qui – le disse un giorno di primo mattino – cosa ho trovato in un vecchio portafoglio” e le mostrò una fotografia di Mirko ventenne. Delia si lasciò andare sul pavimento e pianse disperatamente.
Gettando occhiate dalle finestre dei diversi lati della casa, a picco sulla riva del mare, Delia aveva la conferma che era su un’isola molto ridotta per superficie, delimitata all’altra parte da una piccola macchia mediterranea, poi piante grasse e bacche rosse in due punti diametralmente opposti, piccole rocce sul versante sinistro rispetto alla propria stanza; aveva perso ogni senso dell’orientamento; non aveva la minima idea di quale fosse il nord, né dove l’isolotto si trovasse rispetto a una qualsiasi terraferma: a fianco della Sardegna? o al largo della costa campana? oppure si erano spinti addirittura verso l’Africa dalle parti di Lampedusa? non c’erano altre costruzioni, né mai le era capitato di vedere persone diverse dalla donna e dai due carcerieri, il grassoccio e il dinoccolato: il primo curava sempre di mostrarsi il meno possibile a Delia, l’altro era gentile; nell’abitazione, dalla quale non poteva uscire, era tenuta in stato di schiavitù, ricevendo il minimo indispensabile da mangiare, peraltro sempre quasi disgustoso. Ma non si azzardava a ribellarsi o tentare una fuga per le reali difficoltà e per paura di doverne poi subire le conseguenze. Eppure, per quanto l’impresa potesse apparire disperata, aveva cominciato ad accarezzare l’idea ed a chiedersi insistentemente quale avrebbe potuto essere il modo. Bisognava che il tentativo avesse un’alta probabilità di riuscita, così da essere quasi certa di non venire poi riacciuffata. “Come va? – le disse una sera Fiorella con tono canzonatorio – ti piace dunque abitare in questa reggia? devo dire che sono contenta dei tuoi servigi: presto ti aumenterò lo stipendio” e la tosse le impedì di ridere; poi si fece minacciosa: “augurati di fare questa vita ancora per molto, perché poi… zac!” e fece un gesto con la mano a coltello attraverso la gola; alzò la voce perché i due carcerieri, nell’altra stanza, la sentissero: “ragazzi, se volete divertirvi un po’, fate pure…. è tutta vostra” guardò Delia dritta negli occhi per qualche secondo, poi accese un’altra sigaretta.
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