A metà tra il romanzo di costume ed il noir. La protagonista trova il marito accasciato al di là della porta di casa e, per quanto gli inquirenti decidano, in base alle circostanze, per il suicidio, la donna si adopera per riconoscere l’autore o gli autori del delitto e giunge alla conclusione dopo innumerevoli vicissitudini. Il racconto mette a nudo diverse realtà della società di oggi, fra organizzazioni a delinquere e personaggi malavitosi o semplicemente ambigui, senza dimenticare l’attenzione al particolare geografico, nell’ambiente del levante ligure ben noto all’autore per avervi trascorso una importante parte della propria vita lavorativa.
Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.
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Nov 8
di Aldo Carpineti
Il giorno dopo, in banca, verso lo scadere dell’orario di lavoro, Delia, agendo con freddezza e tempestività, entrò bruscamente e senza bussare nell’ufficio di Beppe e, prima di dargli tempo di fiatare, puntandogli il dito contro, lo apostrofò con fare perentorio: “Il suo amico Tonio mi ha detto che lei è l’assassino di Mirko, confessi Beppe”. L’uomo, intimidito e messo alle strette: “Per la miseria – farfugliò – non gli vorrà credere, vero? ci vuole un bel coraggio... l’assassino invece è proprio lui, Tonio. Sissignora, ci può giurare. Vada a chiedergli se non è così…. e pensare che io lo proteggevo in tutti i modi! bell’amico…” Senza perdere un minuto Delia uscì, telefonò a Giusy di raggiungerla subito in casa a San Terenzo.
Nov 8
di Aldo Carpineti
Nel mezzo mattino di una domenica di sole, Delia e Giusy erano sedute al tavolino di un caffè di Lerici quando videro transitare davanti a loro sul lungomare Tonio e Adamo che, camminando, si misuravano in una conversazione. “Toh, guarda chi si vede” – fece Delia a Giusy – questa è bella: non sapevo proprio che si conoscessero”: la forza dell’abitudine la portò a cercare i significati di quell’amicizia, e soprattutto a Delia vennero alla mente gli atteggiamenti di Beppe, alias Adamo che, recentemente, l’aveva messa in guardia da diverse persone; seguì con lo sguardo i due e vide che, più avanti, si avvicinavano ad un tavolino di un altro bar, dove c’erano già due uomini che non aveva mai visto, seduti uno di fronte all’altro; anche Beppe e Tonio si sedettero di fronte e, mentre si accomodava, Tonio vide Delia a qualche decina di metri, ma non se ne curò per nulla. Uno tirò fuori di tasca un mazzo di carte, le mescolò e le distribuì tutte, sistemandone quattro sulla tavola. Cominciarono a giocare, si sarebbe detto a scopone, e andarono avanti per molto; intanto, senza distrarsi, mangiavano focaccia e tracannavano vino bianco.
Nov 8
di Aldo Carpineti
“E ora siamo da capo” disse fra sé e sé Delia, uscendo una sera, dopo le otto e mezza, dalla stazione di polizia. Rientrò in casa e si apprestò a preparare una cena che sarebbe stata sicuramente frugale perché era stanca e aveva poco tempo a sua disposizione, ma prima di cominciare sentì suonare il campanello. “Ahi ahi! - si lamentò - non c’è un minuto di pace”. “Delia – fece Ida da fuori - scusa il disturbo, ti ho sentita arrivare, volevo chiederti se ti fa piacere un piatto di risotto allo zafferano; è caldissimo, l’ho fatto adesso”. “Certo, Ida, lo prendo molto volentieri; eccomi, arrivo”. Delia ebbe l’impressione che Ida non gradisse che entrasse in casa sua. Ida forse avrebbe preferito essere lei a portare il piatto a Delia, ma ormai…. Come Delia entrò, vide, seduto a tavola, Tonio, il marito di Ida e lo salutò con quanta più grazia potesse: “Buona sera signore - gli disse – mi fa piacere vederla”; lui la guardò solo per un attimo, con aria infastidita, poi voltò il viso dall’altra parte senza rispondere, infine riprese a mangiare il risotto con una lentezza scoraggiante, e non disse una parola. “Questo – riprese Delia senza raccogliere la provocazione - è il piatto per me, vero? grazie ancora, Ida”, lo prese e tornò in casa sua. Quel riso era quanto di meglio potesse chiedere in quel momento, giacché l’ora era ormai quasi notturna, e lei non aveva proprio voglia di mettersi ai fornelli…. : lo gustò con soddisfazione e dopo mangiò soltanto un’arancia. ‘Ida è una brava persona, ma quel marito ha proprio l’aspetto e i modi di un primitivo e lei sembra non passarsela bene’.
Nov 8
di Aldo Carpineti
Gino, intanto, cominciava ad ammorbidirsi: il suo avvocato gli aveva fatto capire che, oltre ai reati commessi direttamente contro Delia, adesso doveva rispondere anche della partecipazione attiva al racket: non c’era dubbio che il giudice gli avrebbe rifilato decine d’anni da scontare; nella migliore delle ipotesi sarebbe uscito dal carcere ormai anziano. Se invece avesse reso una piena confessione su tutte le imputazioni e fosse stato d’aiuto per smascherare i mandanti dell’organizzazione, le cose sarebbero andate ben diversamente, chissà che non potesse beneficiare anche della legislazione sui pentiti. Gino ci pensò un paio di giorni, definì con l’avvocato la linea di difesa, infine si fece portare nell’ufficio di Roberti e scandì: “Voglio dire tutto”; il capitano convocò l’avvocato e altri due agenti di polizia come testimoni. Il carcerato cominciò dicendo: “Anzitutto mi chiamo Ippolito M. Ci sono altri tre portaborse, come me, fra i quali il giostraio del Romito, ma noi non contiamo niente. I capi del racket sono Ugo B. e Vito R. Ci mandano a destra e a sinistra a ritirare ‘il pizzo’ e ci pagano soltanto il disturbo, ma il grosso va a loro: c’è un giro, da Sarzana a Massa fino a Pontremoli, di molte centinaia di migliaia di euro. Inoltre Ugo compra e rivende merce rubata o taroccata. Fiorella è sul libro-paga dell’anonima di Ugo e Vito, ma nell’eseguire le disposizioni di questi due aggiunge una buona dose di sadismo tutta sua; il rapimento di Delia era un progetto voluto da loro ma molto gradito anche a lei: a loro per mettere fuori combattimento una imprenditrice scomoda, a Fiorella per vendetta personale”. I conti tornavano. Roberti diede un rapido ordine e due macchine partirono lanciando il loro urlo. “Sai qualcosa sulla morte di Mirko Bonelli?” chiese Roberti. “No, proprio nulla” disse con voce ferma Gino; e della sua deposizione si stese un verbale che firmò senza esitazioni. Nel giro di due ore vennero presi sia Vito sia Ugo: il primo venne trovato in azienda, l’altro in magazzino mentre controllava una partita di mele da spedire in Germania; arrivati alla stazione di polizia chiesero subito di parlare con Roberti senza la presenza di altri. Il capitano li fece portare nel suo ufficio. “Caro capitano – cominciò uno dei due - noi potremmo fare di lei un uomo ricco se solo lo volesse…” Roberti lo interruppe subito e chiamò tre dei suoi uomini: “Qui si configura anche un reato di tentativo di corruzione” e li fece portare in cella. “Li interrogheremo con calma” concluse.
Nov 8
di Aldo Carpineti
Memore delle raccomandazioni di Roberti, Delia gli portò la lettera e, tre giorni dopo, intorno alle diciannove e trenta, secondo l’indicazione, uscendo dalla sede aziendale, Giusy posò la scheda sotto il tappeto. Nel buio della sera vide la sagoma di un uomo che la stava osservando. Gettò un grido, ma l’uomo la tranquillizzò: “Sono un poliziotto in borghese, signorina, non si preoccupi: mi ha mandato Roberti”. L’uomo lasciò allontanare Giusy, poi con attenzione sollevò il tappetino e prese la tessera fra pollice e indice. Gli furono addosso in tre con una rapidità incredibile, lo immobilizzarono manette ai polsi, e lo sbatterono sul sedile posteriore della gazzella senza complimenti: “Ora ci verrai davvero dal capitano Roberti” disse uno degli agenti, e gli sedette a fianco; il terzo aveva già preso posto dall’altra parte.
Nov 7
di Aldo Carpineti
Durante una partita a Piacenza, a metà del secondo tempo, dall’ingresso della palestra a fianco della tribuna si fecero vivi Vito e Ugo. Delia li notò subito e li segnalò a Giusy; i due invece dovettero fare con lo sguardo una lunga carrellata fra il pubblico per scorgere le due donne; poi, una volta che le ebbero individuate, Ugo fece loro un ampio cenno con la mano, perché li raggiungessero. Delia e Giusy scesero alcuni gradini, scusandosi con la gente, infastidita dal loro spostamento, e si portarono di fronte ai due uomini: le sorelle sfoggiavano per l’occasione una grinta mai vista. “Sentite – tagliò corto Ugo – dovete disdire la sponsorizzazione con Fulgor: l’avete sfruttata abbastanza, d’ora in avanti tocca a noi. Siete state abili, avete avuto una grande idea, ma ora smettetela. Un po’ per ciascuno, non vi pare? Da adesso la sponsorizzazione di Fulgor sarà nostra”. Delia e Giusy non risposero neanche; si guardarono un attimo l’una l’altra negli occhi, Delia fece con la bocca verso i due uomini un segno di disinteresse e alzò una spalluccia; senza una parola, ritornarono in tribuna, cercando di non calpestare i lembi dei cappotti delle persone sedute e attente al gioco, lasciando i compari alle loro considerazioni. La partita era stata avvincente, aveva esaltato il pubblico e la Fulgor aveva prevalso all’ultimo set: una vittoria importante fra due squadre ai primi posti in classifica, direttamente concorrenti. Conclusosi il match, Delia raggiunse immediatamente Tom e gli raccontò tutto. “Non preoccuparti – cercò di tranquillizzarla il ragazzo - domani mattina andiamo a denunciare il fatto al capitano Roberti. Statene certe, la nostra squadra non sarà mai sponsorizzata da quei due”.
Nov 7
di Aldo Carpineti
“Ciao bella” le disse un giovanotto, mentre Delia spingeva faticosamente sui pedali, rientrando da Aediles S.r.l.verso casa, lungo la strada abbastanza ripida prima del bivio per Monte Marcello. La sua macchina era stata danneggiata in modo irreparabile e lei aspettava che le consegnassero un’altra Audi identica alla prima. Gli orari di Delia e Giusy difficilmente coincidevano e non sempre la sorella minore poteva darle un passaggio. Così Delia aveva rispolverato la bicicletta, dimenticando però quanto potesse essere faticoso incontrare una salita impegnativa. “Ehi bella, vuoi un passaggio? – insistette il giovane - ho il portabiciclette sopra la macchina, vedi?” “Ragazzo, non fare lo spiritoso – rispose Delia divertita, ma ostentando un’aria seriosa – avrò almeno quindici anni più di te; perché non fai la corte alle ragazzine?” ma, senza fiato per colpa della salita e dei discorsi, non poté fare a meno di posare il piede a terra. Sbuffò come un mantice e fissò il giovanotto negli occhi; qualcuno pensa che i giovani del duemila sono debosciati, ma quello sembrava intraprendente quanto mai. “Dai, dammi la bicicletta - disse il ragazzo, la prese e la fissò sul tettuccio senza dare a lei la possibilità di opporsi – oggi hai avuto fortuna ad incontrare me, ma perché non ti compri un motorino? ce ne sono di quelli facili da guidare, anche senza marce. Mi guardi con aria interrogativa eh? ebbene ti dirò: sono il responsabile di una squadra di pallavolo femminile di queste parti, io ti conosco, tutti da queste parti ti conoscono; oltre che darti un aiuto volevo farti una proposta commerciale: siamo interessati ad avere la sponsorizzazione da Aediles S.r.l.; che ne dici? sarei venuto in azienda da te, un giorno o l’altro, poi ti ho vista qui, in difficoltà sui pedali e ti ho chiamata”. “Sono negata per i motorini e per tutto ciò che è a due ruote e motore: la velocità e l’instabilità insieme mi fanno paura; persino in bicicletta ho il terrore delle discese troppo ripide. Quanto alla sponsorizzazione, mah è una cosa che non abbiamo mai fatta, e neanche pensata; ne dovrei comunque parlare in azienda; difficilmente prendo decisioni da sola….” La proposta aveva stupito Delia ancora più di quanto non fosse rimasta sorpresa per lo strano incontro con il ragazzo: “Chissà potrebbe essere un’idea da non scartare; su quali spese si andrebbe?” “Ci pensiamo; ti telefonerò fra un paio di settimane a casa, così mi dici che cosa hai deciso; ah, tieni a mente, la nostra squadra si chiama Fulgor, ed io sono Tom, sì, Tom Cecchi”. “ Ma, dimmi un po’ – riprese Delia - come mai tutta questa confidenza? mi tratti come se io fossi una tua coetanea o una vecchia amica”. “Beh, mi sembra che non ci sia niente di strano; ti parlo così perché fra giovani, ormai, questo è il modo di rapportarsi. E’ normale; mia moglie tratta le persone esattamente come me, anche gli uomini”. “Sei anche sposato? ma quanti anni hai, e tua moglie?” “Ventidue io e ventidue lei, sono più vecchio io di due mesi”. “Siete due sposi bambini; tua moglie gioca nella squadra di volley?” “Certo, è capitano. Capirai, lei ed io abbiamo fondato la squadra, tre anni fa”.
Nov 6
di Aldo Carpineti
Martedì, in tardo pomeriggio, Delia uscì dalla banca e fece un passo in azienda, per parlare con Giusy di un problema che riguardava un operaio che aveva difficoltà a presentarsi al lavoro puntuale alle otto e trenta. Serena, che curava le relazioni industriali, aveva ritenuto di metterle al corrente del problema in quanto avrebbe potuto rappresentare un precedente, le sembrava che andasse oltre i limiti dell’ordinaria amministrazione: l’uomo doveva accompagnare il bimbo a scuola, perché la moglie aveva appena ottenuto un posto di lavoro dove faceva il turno del mattino. Le due sorelle diedero soluzione al caso concedendogli mezz’ora di elasticità per l’ingresso, da recuperare la sera, e specificarono ai due rappresentanti sindacali che si erano interessati all’argomento che si trattava di una misura presa una tantum e perciò non ripetibile se non per situazioni ugualmente fondate. Poi decisero di andare a prendere un aperitivo in centro a La Spezia. Percorsero regolarmente il tratto di strada fino a San Terenzo poi, appena imboccato il rettilineo in discesa che porta alla Fincantieri, una Volvo sopraggiungendo da dietro accennò il sorpasso; Delia rallentò la velocità per favorirla, ma la Volvo, quando ebbe sopravanzata della parte anteriore la piccola Audi biposto di Delia, accorciò la distanza laterale fra le due macchine e strinse sempre di più verso il muraglione di destra l’altra auto; Delia immediatamente ebbe l’idea che il conducente della Volvo stesse facendo una manovra sbagliata, poi si rese conto invece che era davvero determinato a schiacciare la sua vettura contro la parete; l’effetto fu impressionante; il cristallo della Audi, non resistendo all’imprigionamento fra l’altra macchina e il muro, andò in frantumi scoppiando letteralmente. Le due donne temettero il peggio, poi il pilota della Volvo allargò a sinistra e riprese la sua corsa a grande velocità, lasciandole con il motore della Audi appiccicato contro il muraglione. Tutto avvenne nel giro di una manciata di secondi, e lasciò le donne esterefatte. Né fu possibile prendere la targa perché in quel momento era difficile per Giusy e Delia comportarsi razionalmente, senza contare che avrebbe potuto essere truccata. Poi, dal cellulare di Giusy, chiesero soccorsi: nel frattempo altre auto si erano fermate e la gente di passaggio cercava di dare loro conforto offrendo, come era possibile, il proprio aiuto.
Nov 6
di Aldo Carpineti
Tant’è i discorsi di Beppe avevano avuto qualche presa su di lei, ma proprio nel senso opposto ai suggerimenti dell’uomo: ora che era al corrente di quali fossero i suoi nemici e come fossero schierati, poteva prendere più facilmente le misure della loro tracotanza; in serata pensò di passare al contrattacco, si mise al computer e scrisse una e. mail a Vito: “Egregio Ingegnere, le Sue ingerenze nella mia azienda e nella mia vita privata sono diventate davvero esagerate ed insopportabili: al tentativo di portarmi via i dipendenti si è aggiunto recentemente lo spiacevolissimo intervento di una persona Sua delegata che ha turbato il mio ambiente professionale e la mia quotidianità personale. La prego di moderare le sue invadenze, altrimenti sarò costretta a reagire in maniera che potrebbe essere per lei tutt’altro che piacevole, anche ai limiti di quanto mi sia consentito dalla legge”. E si ripropose di continuare a usare durezza nei confronti di quella coppia di farabutti.
Nov 6
di Aldo Carpineti
Come al cambio del testimone in una staffetta, si fece vivo quel brav’uomo di Beppe, detto Adamo, che invitò Delia ad andare a ballare in un famoso locale della Versilia. A lei non dispiacque l’idea: era tanto tempo che non si concedeva una serata così: ma ricordava di essersi divertita in discoteca quando era ragazza, con la sua truppa di amici: un po’ di buona musica in un’atmosfera disimpegnata e distensiva, un gioco di luci e ombre spiritosamente equivoco e ammiccante, la presenza di tanta gente sicuramente originale: tutto, per una serata, poteva servire a distrarsi dai soliti pesanti impegni quotidiani e dai pensieri che non volevano diventare meno ossessivi. Sentì Adamo: “Soltanto per scatenarci un po’ in qualche ballo simpatico – gli disse – è da quando avevo vent’anni che non frequento più questi ambienti”. Il locale era uno dei più noti, la cantante, bravissima, si permetteva ogni evoluzione vocale; c’erano alcuni giovani che si esibivano al centro della pista in maniera personalissima; queste componenti insieme creavano grande feeling fra tutti i presenti. “Lei viene frequentemente in questi locali?” chiese Delia a Beppe. “Abbastanza, direi tre o quattro volte al mese; lei invece preferisce altri svaghi?” “Oh io – rispose Delia – andavo a ballare prima di sposarmi, poi con Mirko abbiamo cambiato modi di uscire in compagnia: una cena con gli amici, un cinemino….” Danzarono lenti, twist, cha cha cha, ma soprattutto rock anni ‘70. Delia, passato il primo momento, non si sentì poi troppo arrugginita. Tornati a sedere, a scambiare due parole, Delia vide in mezzo agli altri, in compagnia di una brunetta di non più di venticinque anni, quel bel tipo di Ugo che, riconoscendola, le indirizzò un profondo inchino, molto galante ed anche spiritoso, e sorrise. Delia rispose gesticolando con le dita della mano destra e facendo un impercettibile cenno con la testa.
Nov 6
di Aldo Carpineti
Altri grattacapi arrivarono qualche tempo dopo, da fatti imprevedibili: il sig. Russo che, da quando Delia aveva preso in mano l’azienda, era sempre stato una delle colonne, ebbe una brutta malattia, non preoccupante, ma molto lunga e difficile da sconfiggere, e dovette assentarsi dal lavoro per molto tempo. Si affacciò il problema di come sostituirlo; scegliere qualcuno fra il personale interno era difficilmente ipotizzabile, perché nessuno aveva le conoscenze tecnico-teoriche di Russo: c’erano tanti operai ottimi dal punto di vista operativo, ma non avrebbero avuto le capacità progettuali e di lettura del disegno; Russo non era geometra ma aveva sviluppato la sua esperienza a contatto di attività di tavolino e programmatorie e sapeva controllare la coincidenza di quello che era stato ideato in studio con quanto veniva poi realizzato nella pratica.
Nov 5
di Aldo Carpineti
In banca non mancava chi facesse la corte a Delia: certamente più di uno, ma in particolare un dirigente che, per propria funzione professionale, teneva d’occhio, tra le altre cose, gli andamenti dell’economia nazionale e i risultati in borsa delle maggiori aziende italiane e che, per questo, pur essendo Beppe di nome, tutti nell’ambiente di lavoro chiamavano Adamo, da Adamo Smith, il grande economista inglese; ma lei, belloccia come era sempre stata, aveva fatto l’abitudine a tenere a bada i corteggiatori indesiderati. Beppe aveva i capelli lisci pettinati all’indietro e le mani piccole e sempre un po’ sudate, coperte per tre quarti dai polsini con gli immancabili gemelli finto oro; di bassa statura, era un uomo dall’aspetto piuttosto pingue e vagamente demodé, ma dal modo di fare rapido e intraprendente.
Nov 5
di Aldo Carpineti
Il sabato mattina era dedicato da Delia ad incontrare in azienda sua sorella Giusy e la segretaria per fare il punto della gestione economica e, al pomeriggio, non più di un paio d’ore, per vedere con Russo i problemi sindacali e del personale che si erano proposti durante la settimana.
Nov 5
di Aldo Carpineti
Delia era una donna senza pregiudizi e non ebbe difficoltà ad indossare, malgrado gli avvenimenti cui l’acquisto aveva dato seguito, il vestito gessato che le conferiva, tanto in banca quanto in azienda, una figura disinvoltamente manageriale. E non aveva neanche rinunciato a comperare quelle scarpe nere a punta a proposito delle quali aveva scherzato con sua sorella prima del rapimento. I colleghi bancari ed anche il direttore e i dirigenti erano affezionati a lei e l’avevano sostenuta nel momento del rientro con grandi manifestazioni di simpatia: Delia aveva un modo di pensare positivo, portato a dar risalto al lato migliore delle persone e ad alimentare gli aspetti costruttivi delle situazioni: per questo era benvoluta da tutti quelli che non avessero contro di lei sentimenti di invidia o opposti interessi. La sua avventura, peraltro, aveva avuto risalto non soltanto nel suo ambiente, ma anche sui giornali e, in generale, a livello di media. Non mancò, di conseguenza, chi volle invitarla a trasmissioni televisive e chi le offrì di pubblicizzare prodotti attraverso la sua immagine. E Delia non si sottrasse, sempre che il comparire in queste forme rimanesse una cosa spiritosa e nei limiti del buon gusto e del suo stile. Bene o male che fosse, questa pubblicità ottenne l’effetto di renderla un bersaglio più difficile da colpire da parte dei suoi nemici, perché il suo volto era ormai noto alla gente e probabilmente un attacco alla sua persona ora avrebbe creato notizia, e provocato una reazione a sua difesa di maggiore estensione. Senza contare che queste sue comparizioni in TV e negli spazi pubblicitari incrementavano ancora i suoi già cospicui utili pecuniari. Così, essendo moltiplicati i suoi impegni e diventando sempre più scarso il tempo a disposizione, Delia convinse Giusy a darle una mano alla Aediles nei tre pomeriggi liberi che aveva dal suo incarico amministrativo al Comune di Sarzana: si sarebbe occupata degli aspetti finanziari dell’azienda, fino a quel momento di competenza della stessa Delia, li avrebbero seguiti l’una e l’altra, tenendosi in stretta comunicazione fra loro. Il sig. Russo era assolutamente competente sugli aspetti tecnici, né si faceva pregare ad essere presente sui cantieri, anche quelli più scomodi da raggiungere: il progetto, in tutto e per tutto ideato da lui, veniva poi di regola firmato da un geometra professionista, collaboratore esterno della società cui veniva pagato un onorario di volta in volta; Russo se la cavava benissimo anche nelle relazioni industriali, la segretaria era altrettanto abile nella gestione della contabilità quotidiana. A se stessa, inoltre, Delia riservava, come sempre, una funzione di coordinamento e di supervisione su tutte le materie, fatta eccezione per quella tecnica a proposito della quale non aveva nessuna competenza, e si affidava del tutto a Russo.
Nov 4
di Aldo Carpineti
Un paio di giorni dopo, in uno dei cantieri dell’azienda, avvenne un fatto molto spiacevole: a seguito di un diverbio e ad uno scambio di insulti, due operai vennero alle mani. Uno dei due era Tonio, il marito della vicina di casa di Delia che, più ben messo dell’altro, lo colpì con un cazzotto bene assestato al volto, tra naso e bocca, e lo spedì al pronto soccorso. Pare che i due avessero trovato a dirsi a proposito di una nipote dell’altro operaio che non era sfuggita alle attenzioni pesanti di Tonio. Era una cosa grave, sia per il fatto in sé che, accaduto in una via piena di passanti, dava discredito a tutti, sia perché ci furono seguiti di inchieste giudiziarie che, per fortuna, non essendo stata sporta querela dal malcapitato, si fermarono presto. I due ricevettero dall’azienda sanzioni esemplari: un giorno di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per il ferito, tre giorni di sospensione per Tonio, la misura più grave prevista dal contratto collettivo, fatta eccezione per il licenziamento disciplinare, che peraltro entrambi temettero a lungo prima che la direzione si esprimesse. In ogni caso, sul posto di lavoro, quelle due persone, anche se d’allora in avanti sarebbero state dislocate su cantieri diversi, vennero tenute d’occhio per evitare il ripetersi di episodi di quel genere anche contro altri. E, per il futuro, Tonio non sfuggì alla nomea di personaggio violento.
Nov 4
di Aldo Carpineti
In banca l’avevano mantenuta in organico, e perciò, dopo quei dieci giorni di riposo completo, di bagni profumati e di buona cucina, riprese il suo posto di lavoro. Lo stesso giorno tornò anche in Aediles e si informò dalla segretaria se era successo niente di anomalo durante la sua assenza: “Abbiamo gestito l’azienda secondo le necessità della ordinaria amministrazione – le rispose la ragazza che si mostrava con lei anche più affettuosa e premurosa di prima – e siamo andati avanti col solito ritmo senza accusare diminuzioni di produzione; di insolito c’è stato il ripetuto proporsi per l’acquisto dell’azienda di una persona, un certo ing. Vito R. di Carrara: aveva un atteggiamento molto insistente; so che ha fatto dei passi anche alla Camera di Commercio. Delia giudicò gli interventi di questo ingegnere una interferenza fastidiosa; si sentì seccata soprattutto dal fatto che avesse approfittato della sua assenza, senza tener conto che lei avrebbe potuto fare ritorno da un momento all’altro: un atteggiamento perlomeno scorretto, sicuramente sgradevole.
Nov 4
di Aldo Carpineti
Dopo aver fatto un lungo bagno nella vasca piena di profumi e un pasto finalmente decente, Delia andò alla stazione di polizia e ricostruì tutto della sua avventura. Concluse dicendo: “Fiorella è ancora là, senza mezzi per raggiungere il continente: non ha tante scorte e la sua sopravvivenza sullo scoglio può durare pochi giorni, se nessuno andrà a prenderla; si trova a tre-quattro ore dall’Elba, ma non saprei dire in quale direzione”. Roberti non ebbe il cuore di rimproverarla per la sua imprudenza e la cocciutaggine, anzi le disse di essere molto felice di vederla: Delia si lasciò persino andare fra le sue braccia rassicuranti, quasi a dimenticare gli orrori dell’avventura appena conclusa. Roberti le raccomandò di avere cura di sé, di concedersi riposo, di dare un po’ di tregua al suo istinto che la portava ad impegnarsi sempre e comunque al limite delle sue possibilità e delle sue forze.
Nov 3
di Aldo Carpineti
Delia aveva a lungo pensato di chiedere al carceriere dinoccolato, che continuava ad usare con lei modi cortesi, di fuggire, di portarla via con il motoscafo: una volta giunti a casa, lo avrebbe ricompensato lautamente regalandogli una grossa somma di denaro; ma temeva che questi riportasse le sue parole a Fiorella. Un giorno si fece coraggio, l’uomo prese tempo: “Devo pensarci – rispose – le dirò qualcosa”.
Nov 3
di Aldo Carpineti
Intanto a Lerici Giusy aveva denunciato la scomparsa della sorella, ma era molto difficile organizzare una ricerca perché non si trovava una traccia da cui partire: Delia sembrava sparita nel nulla e Roberti se la prese con Giusy per averla lasciata andare senza avvertirlo: lei si sentì tra l’incudine e il martello. Gli inquirenti indagarono presso gli abitudinari dei treni che arrivavano fra le undici e mezzanotte, con scarsissimi risultati. Si informarono su chi fabbrica e chi vende pergamena del tipo di quella trovata nella biglia, ma era come cercare un ago in un pagliaio: quella pergamena poteva accompagnare la confezione di qualsiasi prodotto, dalla cartoleria di lusso agli alimentari e vini, a omaggi floreali. Il capitano Roberti aveva un diavolo per capello; da quando le aveva conosciute, quelle due sorelle non gli avevano procurato che grane; ma, per la verità, lui alle grane era abituato, erano gran parte del suo mestiere, però si rendeva conto di non avere il minimo indizio sul quale far conto e questa situazione e le circostanze così come si erano sviluppate lo rendevano furioso. Gli venne in mente di ripescare il giostraio e di metterlo alle strette con un interrogatorio ai limiti delle regole, per vedere se veniva fuori qualcosa; ma poi non gli parve un’idea percorribile, e non ne fece niente.
Nov 2
di Aldo Carpineti
Arrivò un po’ prima dell’ora stabilita e si guardò intorno: troppo presto? attese con impazienza spostandosi da un punto all’altro della facciata della stazione; non c’era nulla che potesse attrarre la sua attenzione; notò che un netturbino spazzava la strada con un giubbotto giallo a righe argento lucido, lo fissò a lungo per vedere se fosse il suo uomo che cercava di non dare nell’occhio; ma poi arrivò un furgone che scaricò i cassonetti, lo fece salire e se lo portò via; passata più di mezz’ora senza che nessuno l’avesse avvicinata e sentendosi le capacità di vigilanza ormai allentate dalla lunga tensione era, alla fine, decisa ad andarsene, quando improvvisamente ebbe un tuffo al cuore: qualcuno, alle sue spalle, le premeva un coltello a punta sul collo; non si mosse, cercò di guardare dietro con la coda dell’occhio “Stai buona - le disse l’uomo che ora le stringeva con forza il braccio sinistro – dammi il tuo cellulare e l’orologio”, poi le chiuse i polsi dietro la schiena con un paio di manette; tenendola per tutte e due le braccia, la indirizzò ad una vicina station wagon con il portellone aperto. Delia provò l’istinto di ribellarsi, ma aveva le mani immobilizzate dietro la schiena; l’uomo le serrò ancora più forte le braccia nelle sue mani maledettamente robuste. Nel volger di un attimo, Delia riuscì a vedere il colore granata del maglione dell’uomo e il suo volto grassoccio; poi questi le mise un berretto a calza sugli occhi e un cerotto sulla bocca; sentire le mani dell’uomo sul proprio viso le diede un senso di ribrezzo insopportabile, con un movimento brusco portò indietro il capo come per proteggersi ma l’altro la spinse dentro, fece scorrere sopra di lei la copertura del bagagliaio e chiuse a chiave il portellone.