Capitolo XIX

Al di là della porta

A metà tra il romanzo di costume ed il noir. La protagonista trova il marito accasciato al di là della porta di casa e, per quanto gli inquirenti decidano, in base alle circostanze, per il suicidio, la donna si adopera per riconoscere l’autore o gli autori del delitto e giunge alla conclusione dopo innumerevoli vicissitudini. Il racconto mette a nudo diverse realtà della società di oggi, fra organizzazioni a delinquere e personaggi malavitosi o semplicemente ambigui, senza dimenticare l’attenzione al particolare geografico, nell’ambiente del levante ligure ben noto all’autore per avervi trascorso una importante parte della propria vita lavorativa.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

Newsletter

Nov 6

Capitolo XIX

Capitolo Diciannovesimo

di Aldo Carpineti

capitolo diciannovesimo

Altri grattacapi arrivarono qualche tempo dopo, da fatti imprevedibili: il sig. Russo che, da quando Delia aveva preso in mano l’azienda, era sempre stato una delle colonne, ebbe una brutta malattia, non preoccupante, ma molto lunga e difficile da sconfiggere, e dovette assentarsi dal lavoro per molto tempo. Si affacciò il problema di come sostituirlo; scegliere qualcuno fra il personale interno era difficilmente ipotizzabile, perché nessuno aveva le conoscenze tecnico-teoriche di Russo: c’erano tanti operai ottimi dal punto di vista operativo, ma non avrebbero avuto le capacità progettuali e di lettura del disegno; Russo non era geometra ma aveva sviluppato la sua esperienza a contatto di attività di tavolino e programmatorie e sapeva controllare la coincidenza di quello che era stato ideato in studio con quanto veniva poi realizzato nella pratica.

Decisero di mettere un’inserzione su due quotidiani, uno ligure e uno toscano, che al venerdì hanno alcune pagine dedicate alla ricerca di personale: risposero in molti, e la selezione, condotta da Delia e Giusy per la parte dialogata, e da un consulente esterno che esaminava le conoscenze del candidato sugli aspetti tecnici, fu lunga e laboriosa; non era facile che si coniugassero in una persona tutte le caratteristiche richieste per ricomporre l’organigramma, sia pure ad interim: spesso soddisfacenti doti sotto l’aspetto del carattere non coincidevano nello stesso soggetto con una sufficiente preparazione tecnica e viceversa; poi emerse su tutti un personaggio singolare per quella posizione: una donna di 30 anni, assai affascinante, sguardo sicuro, capelli neri corvini a ciuffi sul genere estremo-orientale, jeans attillati e stivaletti appena sopra la caviglia; oltre a dimostrare di essere competente nel lavoro, conosceva anche l’azienda, ma rifiutava di spiegare come fosse arrivata a padroneggiare quelle informazioni decisamente specifiche ed anche riservate. Stella, questo era il suo nome, vinse la selezione, dimostrando di essere di gran lunga la più preparata della nutrita lista di uomini che si erano presentati ed andò ad occupare il posto che Russo aveva lasciato vacante fino a data da destinarsi; la gestione delle relazioni industriali venne affidata a Serena, cui Delia riteneva opportuno affidare incarichi crescenti, in considerazione del suo non comune senso di responsabilità. Il primo giorno di lavoro, Stella vestì la tuta, le scarpe antinfortunistiche, i guanti e l’elmetto, disse che andava a far visita ai cantieri aperti ed affrontò l’impegno come una veterana quasi che tutto ciò fosse la cosa più normale del mondo; dai posti di lavoro diede di volta in volta notizie alla direzione richiedendo anche interventi su ciò che le sembrava carente, redistribuì in qualche caso il personale con criteri più razionali; in chiusura di giornata rientrò per fare il suo rapporto e per dire che le cose erano andate tutte per il verso giusto. “Domani resterò in studio – disse – e controllerò se c’è qualche pratica in sofferenza o da portare a termine urgentemente”. Delia era ammirata delle capacità di questa giovane donna e dalla sua disinvoltura nel rivestire ruoli tradizionalmente maschili, soprattutto quello di capo, in un ambiente tutto di uomini se si fa eccezione per la presenza di Serena e Giusy negli uffici; ma, tant’è, non le andava giù di non sapere dove Stella avesse avuto le notizie sulla società. E, a rischio di diventare inopportuna, tornò alla carica per avere una spiegazione. Stella si tolse lentamente l’elmetto, le linee del suo viso diventarono improvvisamente dure, l’espressione della bocca abbandonò ogni accenno di sorriso, anzi lasciò trasparire un senso di non celato disprezzo, le mani stringevano forte i guanti da lavoro che la donna si era appena tolti e li tormentavano torcendoli come per strizzarli: “Io non vorrei farle sapere queste cose, signora – fu la sua risposta, pronunciata tutta con lo stesso tono secco - ma poiché lei insiste tanto, le dirò: io sono stata l’amante di suo marito”. Queste parole caddero come pezzi di ghiaccio, nella stanza della direzione, e si schiantarono a terra con un terribile fragore; Delia rimase impietrita, poi abbassò il capo sussurrando: “Accidenti a me che voglio sempre sapere troppo”. Era tanto tempo che Delia affrontava una dopo l’altra esperienze difficili da metabolizzare, ma questa volta era come se avesse ricevuto una mazzata nelle ginocchia e non riuscisse più a reggersi in piedi: questo era troppo, e non lo avrebbe sopportato; poi, passato il primo attimo di grande smarrimento, ebbe una reazione energica: “Non è vero – disse - lei mente! non c’è nessuna ragione per crederle. Lei vuole soltanto gettare del fango su Mirko”. “Mi aspettavo che la prendesse così, signora – fece Stella rilassandosi e mostrando una flemma che non le si conosceva – per questo non volevo dirglielo, ma lei non mi ha dato scelta… mi creda, è proprio vero, siamo stati amanti per due anni”. “Lei non resterà in questa azienda un minuto di più, è in periodo di prova e posso licenziarla quando voglio”, sibilò Delia restituendo il colpo con altrettanta determinazione. “Non tema - chiuse Stella – tolgo subito il disturbo” e fattasi dare carta e penna, firmò le dimissioni.

Delia si rifugiò a casa e pianse a lungo; la raggiunse Giusy che la abbracciò stretta dicendole: “Non crederle, non c’è nulla di vero in quello che ti ha detto; è una donnaccia, voleva soltanto farti del male. Mirko viveva per te e per Aediles”.

L’innato ottimismo e la voglia di vivere che animavano da sempre Delia le consentirono di far prevalere il convincimento che quella donna mentiva: ma a questo punto doveva scoprire quale impostore l’avesse mandata, e per quali fini. Tuttavia per lei, dopo questo episodio, andare al lavoro era diventato più faticoso, la giornata le sembrava grigia, monotona e, spesso, senza senso, il suo umore, malgrado il temperamento forte e la certezza sull’onestà del marito, aveva risentito palesemente di questi ultimi avvenimenti; le sembrava che la sorte si fosse accanita contro di lei e non le concedesse più tregua: ‘cosa mi aspetta ancora? - si chiedeva - perché l’esistenza mi vuole così male?’

Fu un giorno in cui un operaio della Aediles andò a Carrara per motivi personali che vide Stella uscire dalla sede dell’azienda di Vito. Pur non conoscendo i retroscena, lo disse a Giusy, e questa lo riferì immediatamente a Delia: “Vedi? Vito e Stella si conoscono; anzi probabilmente Stella lavora per lui. Tutto quell’imbroglio era un colpo di coda del malefico ingegnere per gettarti nella disperazione: quell’uomo è pericolosissimo, non mi stupirei se l’assassino fosse proprio lui”. Delia fece ancora un breve pianto liberatorio: non aveva mai dubitato di Mirko, ma questa notizia la confortava definitivamente. Intanto per la Aediles era stato assunto uno degli uomini più preparati fra i partecipanti alla selezione, e questi dimostrò subito un’ottima professionalità e serietà. Al rientro di Russo, che ormai non era tanto lontano, i due si sarebbero divisi i compiti agendo uno in studio e l’altro sui cantieri; le relazioni industriali sarebbero rimaste a Serena.

© Riproduzione riservata

919 visualizzazioni

Commenti
Lascia un commento

Nome:

Indirizzo email:

Sito web:

Il tuo indirizzo email è richiesto ma non verrà reso pubblico.

Commento: