di Aldo Carpineti
COMUNICATO CINEMA CAPPUCCINI
Recensione Milano, Palazzo di Giustizia. Sessanta cittadini, estratti a sorte da un sistema informatico, prendono posto nell'aula in cui si celebrano i processi della II sezione della Corte d'Assise d'Appello. I fortuiti candidati passeranno un giorno intero fra le pareti rivestite d'onice, in attesa di sapere se, aldilà della propria volontà, saranno scelti dal Presidente della Corte per assurgere a un ruolo di cui molti non conoscevano nemmeno l'esistenza, il ruolo di giudice popolare.
La convocazione di Enrico Maisto è la cronaca di quella giornata particolare che porta comuni cittadini a contatto diretto, per la prima volta, con l'amministrazione della giustizia.
Prodotto da Start e Rai Cinema, il documentario vincitore nel 2015 del Premio Solinas e del Premio del Pubblico di MYmovies.it al 58° Festival dei Popoli, è la seconda opera dopo il lungometraggio d'esordio, Comandante, del giovane regista milanese. Figlio di magistrati, Enrico Maisto si è sempre interrogato su questa professione così singolare finché non ha deciso, con l'aiuto di Valentina Cicogna, di raccontare, attraverso il momento della selezione dei giudici, proprio quel contesto umano e relazionale da cui scaturiranno i giudizi di condanna o assoluzione. Il regista che ha collaborato con Marco Bellocchio per cui ha realizzato il backstage di Vincere, ispirandosi a Herzog, afferma, così, la propria idea di cinema come lente d'ingrandimento del reale. Se si guarda con attenzione alle tante immagini di cronaca giudiziaria che negli anni si sono accumulate, fa riflettere il regista, anche soltanto nei telegiornali, a margine del fotogramma si scorgeranno i giudici popolari, questi sconosciuti che per volontà del caso hanno contribuito in forma anonima alla storia di tanti processi, per poi ritornare alle proprie vite. Un flusso costante che continua a coinvolgere molti, ma che rimane tutt'ora pressoché ignoto: chi sono? Che peso hanno? Cosa porteranno delle loro opinioni e convinzioni personali al momento di decidere la sentenza? Gli interrogativi del regista così diventano quelli di tutta la platea di convocati. Dubbi, domande, riflessioni, paure si dipingono sui volti di uomini e donne reclutati da un giorno all'altro a dover giudicare altre persone come loro, e che il regista filma in lunghi primi piani. Enrico Maisto si si sofferma sugli sguardi disorientati, spaventati, perplessi o curiosi delle persone che ritrae come i dipinti della sala, da osservare con calma. Nei loro volti, nelle loro espressioni, nelle loro battute, Maisto riprende quella piccola metamorfosi del comune cittadino in magistrato che rivela i nostri sentimenti verso la giustizia, la responsabilità del giudizio, l'indecifrabilità dei comportamenti umani, specie quelli criminali. La comunità, in una certa misura, è chiamata, dunque, a guardarsi da fuori, in un riflesso che talvolta può essere anche disturbante: paure, aporie, illusioni, egoismi, speranze. Il momento della selezione è agli occhi di Masti un grande laboratorio umano da esplorare, anche a costo di uscirne più disorientati di prima.
Martedì 29 maggio 2018
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