di Aldo Carpineti
Andrà in scena alla Corte George Dandin. Una farsa amara, scritta da Molière, due anni dopo Il misantropo e pochi mesi prima dell’Avaro, rielaborando un suo giovanile scenario (La gelosia dell'imbrattato) che a sua volta prendeva spunto dalla novella boccaccesca di Tofano e la moglie Ghita. Una farsa dalla struttura molto audace e moderna, fondata sul tema dell’iterazione e ambientata in una società di nobili in miseria e di contadini arricchiti, dove hanno luogo le tribolazioni del plebeo George Dandin che per ambizione ha voluto sposare una ragazza nobile e libertina. Per tre volte, Angelica riesce a ingannare nello stesso modo il marito e puntualmente, ogni volta, l’inganno si articola in sequenze omologhe: la scoperta dell’adulterio da parte del coniuge, la convocazione dei suoi suoceri come testimoni, la negazione del tradimento da parte della sposa, la punizione esemplare del marito cornuto. Una farsa in cui tutto è già accaduto e si ripete sempre eguale, pertanto. Ma atto dopo atto Molière reinventa teatralmente il già noto, dando corpo a una commedia travolgente, che coinvolge ora i temi della separatezza di genere e di casta, ora quello del primato del denaro e ora anche quello molto attuale della rivolta di una giovane all’uso invalso dei matrimoni combinati. Tullio Solenghi nel ruolo del protagonista, con al suo fianco Barbara Moselli, Massimo Cagnina, Maria Basile Scarpetta, Alex Sassatelli, Angela Ciaburri, Gennaro Apicella, Daniele Madeddu (scene e costumi di Guido Fiorato, musiche Andrea Nicolini e luci di Sandro Sussi), concorreranno ancora una volta a evidenziare, con l’aiuto della versione italiana di Valerio Magrelli, che il teatro di Molière insegna come gli esseri umani sappiano farci ridere sino alle lacrime, facendoci vedere allo specchio.
fonte newsletter Teatro Stabile
Giovedì 19 novembre 2015
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