di Aldo Carpineti
Chi non ha soldi non solo non può adempiere alle incombenze quotidiane come l'esigenza alimentare ed il pagamento delle bollette (sempre più insistenti); ma non può neanche togliersi la soddisfazione di fare un regalino alla propria figlia che ha tante spese per il bimbo che arriva, di offrire un caffè ad un/a amico/a, di regalare due spiccioli al marocchino simpatico. Non avendo la possibilità di fare queste cose, si diventa tristi, si vive male, a volte ci si ammala.
Alcuni, anzi diversi, sostengono che la prima cosa è la salute, ed è vero: ma questo è un prerequisito in mancanza del quale non si può proprio ragionare di nulla. Senza contare che disporre di un po di quattrini ti permette anche di conservartela, la salute.
Non si vive di sola poesia, anche se la poesia è necessaria; siamo composti anche di materia ed essa vuole la sua parte. Renato Pozzetto, che la sa lunga, diceva: I soldi non fanno la felicità, ma chi non ne ha è incazzato come una bestia. Ed è pura verità. Chi in buona o mala fede impedisca ad altri il lecito guadagno è perciò inequivocabilmente colpevole.
Anche nella vita professionale ci sono situazioni non tollerabili: sempre più frequente il caso di aziende che scaricano il rischio sul lavoratore. Fra gli elementi costitutivi dell'impresa è previsto il rischio e da esso l'imprenditore non può liberarsi concedendo guadagni per chi lavora soltanto nel caso di successi sul mercato. A parte il contratto di agenzia, che ha particolarità proprie, non è in linea con i principi stessi del rapporto di lavoro spostare il concetto di rischio d'impresa.
Ancora, nella vita di tutti i giorni, è da disapprovare chi critichi il giusto impegno di chi si faccia in quattro per far soldi. Una finalità che, in sé, non ha nulla di illegittimo né di perverso. Usare bene il proprio danaro, piuttosto, questo sì può essere un requisito lodevole: ma al mondo ci sono poche persone, ma proprio poche, che si possono permettere di fare i conti in tasca agli altri.
Giovedì 28 ottobre 2021
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