di Aldo Carpineti
Il primo pensiero alle vittime. La tragedia riguarda soprattutto loro, quelli che hanno perso la vita e i famigliari di essi. Agli uni e agli altri il destino ha voluto riservare da un momento all’altro una sorte che non troverà più ritorno.
Pegno innocente immolato alla fatalità o alla poca cura che noi umani dedichiamo alla certezza del nostro stesso vivere. Di fronte a questo sacrificio dobbiamo raccoglimento e compostezza, unici atteggiamenti consoni alla profondità del dramma.
Poi la ricostruzione. Rifacimento del nostro animo, quello di noi genovesi, al di là di quella, necessaria, dell’opera pubblica, qualsiasi sia la forma architettonica che si vorrà dare ad essa.
In città ieri c’era dolore diffuso. Non sia rassegnazione. Non facciamoci mettere in ginocchio da questo nuovo colpo che sussegue a quelli delle inondazioni, della difficoltà perenne alle comunicazioni, del nostro stesso carattere.
Saranno momenti difficili, la spaccatura fra il ponente ed il centro e levante cittadino è una ferita non suturabile in breve tempo. Dovremo scegliere le forme migliori per venirne fuori. Ma soprattutto dovremo essere determinati nel farlo, raccogliere le nostre forze pur nelle differenze di vedute, abbandonare recriminazioni e polemiche, restituire un tutt’uno ai nostri intenti migliori. Ripartenza, volontà di riprendere a vivere, per noi e per i nostri figli che hanno bisogno di esempi positivi, di concrete basi per il proprio sopraggiungere e prendere il nostro posto, una atmosfera di impegno e di lavoro.
Genova ha diritto ad un proprio ruolo nella geografia nazionale ed universale. Lo ha per la propria storia, per la propria attuale quotidianità. Siamone protagonisti, utilizzando determinazione e unione delle nostre energie. Mai come ora ci è chiesto questo. Le avversità siano trasformate in opportunità ed il lamento in canto corale di resurrezione
Mercoledì 15 agosto 2018
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