di Aldo Carpineti
Immagina che la terra parli. Immagina che possa raccontare ciò che sente, il suo passato, il suo vissuto, i suoi sogni. Meglio ancora, immagina che la terra racconti di sé; ma non con parole, solo con il corpo. Che lo racconti con la danza. Qualcosa di molto simile pervade il cuore e la mente di chi assiste a Fiesta Argentina, lo spettacolo presentato dalla Compagnia Néstor Pastorive.
La musica, come emergendo dalla notte dei tempi, ci trasporta fin dall’inizio in un viaggio fantastico. Partendo dai ritmi più impregnati dello spirito della terra latinoamericana – la baguala, la vidala – il corpo comincia a narrarci una storia senza parole; che anzi ci sono, ma trasformate in movimento e impresse nei corpi dei ballerini. Sono loro che, al suono dei sikus e dei flauti andine, e al ritmo della caja - questa luna di pergamena di Garcia Lorca - ci accompagnano per mano per svelarci la terra e i suoi segreti.
Come sulla riva di un fiume immaginario mai uguale a se stesso, Fiesta Argentina, ci fa scoprire affascinanti paesaggi attraverso la danza. Un poncho, caldo riparo dei poveri, racconta la sua storia in un volteggiare fantastico. Le boleadoras ci dicono di un’infallibile arma di caccia della pampa argentina e della destrezza del gaucho in continua simbiosi con la propria terra. Lo zapateo, testimone ancestrale della complicità tra l’uomo e il cavallo, rievoca in pochi attimi una storia di secoli.
Nella visione dei ballerini tutto è terra: origine, storia, destino. Il vento è un alleato compiaciuto di fronte alla bellezza della danza. I corpi cercano il ritmo, le mani e i piedi cercano il ritmo. E la terra resta coinvolta in un dialogo iniziato tanto tempo fa. Un miracolo di cui ancora oggi possiamo essere spettatori.
Raimundo Rosales
Poeta argentino
Sabato 28 febbraio 2015
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