di Aldo Carpineti
Massimo Gaviglio Pigiamino racconta:
La Cava che sarebbe diventata un po il tempio del Cabaret a Genova, in alternativa all’Instabile che era il locale più in… stabile, appunto, per via dei vari cambiamenti di sede, davanti, ahimé, a sfratti vari, era ubicata in un vicoletto a metà circa di via Trebisonda, girando l’angolo, dietro al bar Lord, pochi passi oltre la Gelateria Il Siculo, tanto per fare un po di… pubblicità.
La chiamavano Cantina Cabaret anche se non aveva insegna fuori. Doveva essere stata un forno od una falegnameria, in passato. In ogni caso ora pareva una tavernetta con un po di tavolini in sala ed un palchetto là in fondo.
Io avevo intravisto il tutto, di straforo, toccata e fuga. Il titolare Sergio Porrata era un furbone, un po silenzioso ma molto lungimirante e coadiuvato dalla moglie, Dolly, gestiva anche il bar sopraddetto, all’angolo della via sovrastante.
Non mi fu facile farmi conoscere e accettare. La cantina Cabaret era il regno di pochi eletti.
Punta di diamante di quel gruppo era un certo… Beppe Grillo, giovane di belle speranze, già molto gassato. Era circa la prima metà degli anni 70. Nel suo piccolo era già un nome. Per lui si erano già schiuse le porte delle poche discoteche in città. Per esempio il Vanilla, il Caladium diventato poi Victor Victoria. Cambiavano molto spesso gestione o solo il nome. Alla cantina Cabaret Grillo intratteneva i più intimi, aveva magari 7 o 8 spettatori paganti per sera (1500 lire compresa la consumazione) e si esibiva salendo su quella pedana molto ambita, agognata da molti, accompagnandosi con la chitarra o cantando una, due belle canzoni, un po nello stile di Domenico Modugno. Poi quando attaccava ad intrattenere, il divertimento era assicurato. L’eco delle sue gesta arrivò fino a Pippo Baudo. Il titolare della Cantina lo invitò di passaggio a Genova, incontrandolo per caso un giorno in piazza Tommaseo.
Lui venne una sera, assistette allo spettacolo di Grillo, senza farsi riconoscere, seduto dietro una colonna, un po nell’ombra, in fondo. Entusiasta non se lo lasciò scappare: la strada per Grillo era ormai spianata. E approdò così in Rai. E se ne accorsero! Ma per uno che sfondava c’erano almeno una decina che dovevano accontentarsi di sfogare la malattia alla Cantina, con il solito pubblico di affezionati, ma ormai sempre più numerosi. Personaggi mitici come Ramon che cantava senza alcuna base di accompagnamento. Il suo cavallo di battaglia era Il carrozzone di Renato Zero. Memorabile fu la sua partecipazione al cantagiro. Poi è diventato… Testimone di Geova ed è cambiato molto. Rio invece è sempre lo stesso. Alla tastiera era padrone della scena. Con il suo Inno alla patata spopolava. Il Conte Cocuzza sarto di professione, anche piuttosto rinomato, si presentava in frak, cilindro e bastone, addobbato da pendagli, salamini e medaglie che faceva tintinnare, saltando in pedana con maestria. Il mago Liz, anche impresario, era specializzato nel far fumare le galline e farle addormentare. Invece Gin della Bombetta era un mago alla rovescia, non ne imbroccava una, ma proprio lì stava il segreto del suo strepitoso successo. Pino Barca, personaggio unico, ammaliava con le sue ballate maliziosamente osées. Il Merendero non si sa, poi, come definirlo. Se non era pazzo era sulla buona strada, sì poco ci mancava e coinvolgeva nelle sue performances anche la moglie. Un duo veramente fuori… dal mondo
Fine seconda puntata, continua
Mercoledì 7 ottobre 2015
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