di Aldo Carpineti
Strano calcio quello giocato a porte chiuse. Una sorta di spettacolo senza spettatori, un paradosso difficile da comprendere se non in funzione di quelli che possono essere gli interessi delle televisioni, che oramai, a quanto pare, dettano le regole del gioco.
Condizione psicologica particolare sia per i calciatori protagonisti sia per i tifosi che assistono alle partite attraverso il mezzo televisivo. Soprattutto per quelli abituati all’appuntamento del fine settimana allo stadio e disposti persino ad andare in trasferta pur di seguire la propria squadra.
Per quanto riguarda le compagini genovesi, turni non favorevoli. Il Genoa costretto a rincorrere il Brescia riesce a raggiungerlo soltanto usufruendo di due rigori. La Samp che fa gioco e non demerita con Inter e Roma ma, alla fine, non riesce a portare a casa nemmeno un punto in due partite.
Vero che, come si dice, non sono questi gli incontri in cui la Sampdoria si possa aspettare di far punti, vero che importanti sono gli scontri diretti con le squadre di fondo classifica. Tuttavia tutto ciò significa che ci si è assuefatti a pensare che le due genovesi possono dare soddisfazioni soltanto in funzione della salvezza dalla retrocessione, il che è cosa molto mediocre e difficile da digerire.
Non pare ammissibile che altre città anche meno popolose possano contare su risultati calcistici di maggior prestigio rispetto a Genova. Non pare ammissibile che andando a giocare a Milano o a Roma si dia per scontata una sconfitta e questa venga poi presa come nell’ordine delle cose. Le partite, qualsiasi esse siano, vanno giocate da pari a pari, darsi per perdenti in partenza è un non senso sportivo.
Ma perché ciò possa avvenire è necessario che cambi la politica societaria, che si passi da criteri improntati al risparmio ed al depauperamento progressivo ad altri che prevedano risultati tali da attirare l’attenzione ed i flussi di danaro sulle proprie vicende, che si ingaggino giocatori capaci di richiamare folle e profitti economici e che della nostra realtà calcistica si parli ovunque, su media e tra la gente, come qualcosa di interessante e capace di richiamare le luci della grande emozione.
Fare le cose a metà o, peggio, partire per ricoprire ruoli da perdenti, pur lottando perché la sconfitta non sia definitiva, ha veramente poco senso. Chi è responsabile delle vicende calcistiche cittadine deve fare un approfondito esame di coscienza.
Domenica 28 giugno 2020
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