di Aldo Carpineti
Quale differenza ci può essere nell’ambito del lavoro interinale tra l’attività svolta da società di estensione come Adecco e Man Power in grandi città e quella svolta da società che abbiano minori dimensioni, e siano ubicate in periferia, come la Nuove Frontiere Lavoro?
Caso tipico di questa antitesi si può riscontare a Lavagna, nel Tigullio, dove Nuove Frontiere Lavoro opera in una realtà che è conosciuta palmo dopo palmo dal punto di vista della presenza imprenditoriale, ma anche, in una qualche misura, da quello della richiesta individuale di lavoro.
In altre parole a Lavagna e nel Tigullio, Nuove Frontiere Lavoro si muove su materiale ampiamente conosciuto quanto alle aziende utenti, e ne può intuire le reali esigenze di qualsiasi momento, e addirittura seguirne il progredire e lo sviluppo tecnico-economico; e conosce dall’altra parte, in linea di massima, i soggetti che si presentano in cerca di un lavoro.
Un bel vantaggio rispetto alle agenzie che operano in città, per le quali gli utenti, intesi anche come aziende, sono spesso anonimi o, per lo meno, non così noti da conoscerne le particolarità gestionali e personali.
Questa sostanzialmente l’osservazione principale che ci ha trasmesso il dott. Lorenzo Risso, responsabile della filiale di Lavagna della Agenzia Nuove Frontiere Lavoro. Il dott. Risso, oltre a questi compiti in Lavagna è Coordinatore dell’area nord della società. Che ha sede centrale in Napoli.
Un accurato studio delle esigenze di ciascuno permette persino di prevenire, quando sia necessario, le richieste delle aziende. In qualche modo si può arrivare a dire che l’Agenzia di periferia può avere compiti di indirizzo e, nei limiti della ragionevolezza, di gestione per la società cliente quanto alle materie che le fanno capo. O per lo meno, di suggerimenti sulla gestione.
Va appena rammentato che il lavoro interinale è nato in Italia nel 1997 ad opera di Tiziano Treu, allora Ministro del Lavoro del primo governo Prodi; sorto sull’esempio di altri stati europei ha la caratteristica fondamentale di concedere ai dipendenti, a parità di anzianità, tutti i diritti che sono propri di quelli assunti con contratto a tempo indeterminato; si differenzia per l’apposizione di un termine finale raggiunto il quale è facoltà dell’azienda di confermare o meno il lavoratore.
Questa formula ha avuto negli anni notevole fortuna ed ha permesso l’ingresso in azienda di moltissimi giovani che in altro modo ne sarebbero rimasti fuori. Attraverso il lavoro interinale (oggi detto in somministrazione dopo la riforma Biagi) le aziende hanno potuto permettersi sforzi di integrazione del personale che altrimenti sarebbero stati loro proibitivi.
Resta l’incognita del termine: per questo i lavoratori interinali possono farsi rientrare nella grande categoria dei precari ma, rispetto ad altri precari che lavorano a partita Iva o con contratti cocopro o con altre modalità contrattuali ancora, possono considerarsi dei fortunati. In fondo hanno agio di apprendere un mestiere con tutte le garanzie del caso (assicurazioni Inps e Inail, Tfr, diritti sindacali e via dicendo) e di impreziosire il curriculum attraverso esperienze sempre significative: e quando, come capita spesso, la conferma post scadenza termine suggella il definitivo ingresso in azienda, è festa grande.
Venerdì 19 dicembre 2014
© Riproduzione riservata
1310 visualizzazioni