di Aldo Carpineti
Conversavo in questi giorni con una signora della mia età che, per meriti suoi, ha grande famigliarità con il mondo anglosassone. Per la cronaca io sono nato il 12 ottobre 1949.
La signora mi faceva osservare come gli inglesi, in genere, intorno ai 70 anni, o anche meno, si sentano vecchi e lo dichiarino ogni volta che se ne presenti l’occasione.
Al contrario mi sembra che noi italiani della stessa età, non tutti per carità ma gran parte sì, soffriamo della cosiddetta sindrome di Peter Pan: l’abitudine, cioè a considerarci dei giovincelli e ad atteggiarci come tali in ogni nostra manifestazione, nel parlare, nel vestire, nelle modalità tutte.
Le ragioni vanno individuate probabilmente nel fatto che noi abbiamo vissuto, nel bel mezzo della nostra gioventù, un momento altamente significativo per molti versi come quello coincidente con la seconda metà degli anni 60. Quel momento ha rappresentato una svolta nei costumi e negli stili di vita ed anche nelle modalità intellettuali.
Poco importa se i pensatori di quell’epoca, come Sartre e Marcuse, hanno presto fatto il loro tempo e sono, ingiustamente, passati presto nel dimenticatoio: la realtà è che tutto il mondo occidentale ha vissuto in quel periodo una radicale trasformazione.
Ne deriva che noi, ragazzi degli anni 60, continuiamo a identificarci con i noi di allora perché in quel momento abbiamo vissuto intensamente e perché quello è stato e resta il momento più significativo della nostra vita. Basta fare un salto indietro di pochi anni e già quelli nati nel 44 o 45 sono profondamente diversi da noi.
Quanto ne consegue sulla nostra pelle se da una parte suona in senso svantaggioso, perché mal ci adattiamo alle ingiurie del tempo e della sfortuna e vorremmo essere sempre belli pimpanti ed efficienti come allora, dall’altra fa si che noi siamo dotati di una resilienza non comune rispetto ai nostri contemporanei e ritroviamo vigore e forza d’animo e fisica anche dopo aver attraversato, spesso per il vero, contrarietà e motivi di abbattimento. La cattiva sorte, cioè, ci transita addosso temporaneamente, perché sappiamo superarla con rinnovati slanci e rinnovati entusiasmi, anche in tempi assai brevi proprio in virtù della creatività acquisita in gioventù.
Note di segno opposto perciò sono le prerogative del nostro carattere che si è formato a contatto con una realtà profondamente e rapidamente cangiante, ancor più di quanto lo sia quella attuale per via dell’avvento della tecnologia diffusa di cui i giovani di oggi sono utilizzatori e interpreti ma non produttori.
Domenica 23 ottobre 2016
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