Perché le Relazioni Industriali sono più adatte della Legge a regolare oggi il rapporto di lavoro

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Perché le Relazioni Industriali sono più adatte
della Legge a regolare oggi il rapporto di lavoro

Un intervento preliminare al confronto diretto fra datore e lavoratore

di Aldo Carpineti

Una conferenza in Federmanager
Una conferenza in Federmanager

Si dice sempre più spesso da parte degli addetti alla materia lavoristica che la regolamentazione dei rapporti di lavoro debba avere oggi una impronta particolaristica, tendente cioè a prendere in considerazione caso per caso o, al massimo, per categorie merceologiche o territoriali. La legge dello Stato perderebbe di conseguenza terreno di fronte all’avanzare delle Relazioni Industriali, vero mezzo di intervento che non risente della generalizzazione della legge e può tener conto delle specificità delle situazioni.

Si tratta di una istanza presente ormai da diversi anni ma che trova oggi nuovo alimento dall’evolversi della realtà subito prima e soprattutto dopo il verificarsi delle note vicende legate alla emergenza da Covid 19. Le esigenze di rinnovamento dei criteri presenti nella organizzazione del lavoro hanno portato, nel tempo, a riforme importanti quali quelle legate all’introduzione del Lavoro Interinale (poi in Somministrazione) e alle recenti discipline dell’Apprendistato.

Tuttavia oggi si avverte la necessità di soddisfare di volta in volta esigenze particolari che provengono tanto dal lavoratore quanto dall’azienda. Una organizzazione del lavoro improntata a modalità generalizzate appare oggi anacronistica e fuori del tempo.

Le molte garanzie e le poche libertà che il contratto di lavoro a tempo indeterminato concedeva al lavoratore paiono ormai in contrasto con le diverse istanze che ogni persona avanza riguardo al proprio status di vita, alla preferenza per forme di lavoro che diano la possibilità di soddisfare anche altre e diverse esigenze umane. Al tempo stesso le aziende difficilmente possono promettere al lavoratore che si accingano ad assumere una esperienza lavorativa duratura nel tempo quanto tutta la propria vita attiva. Per queste ragioni coincidenti il rapporto di lavoro si sta sempre più trasformando nella direzione di concezioni di tipo professionistico abbandonando le forme legate al lavoro subordinato.

Riservare ogni modo di regolamentazione del contratto individuale al confronto diretto tra datore di lavoro e lavoratore significherebbe evidentemente concedere troppi vantaggi alla parte datoriale, per tradizione considerata più forte in virtù della propria preminenza economica e gestionale. Ecco dunque la reale esigenza che a livello di parti sociali si determinino nuove regole che valgano a far sì che le aspettative dell’una e dell’altra posizione possano essere ugualmente tutelate. Nuovi concetti legati ai motivi della contrattazione collettiva nazionale e alla contrattazione integrativa aziendale paiono di conseguenza non rinviabili a date da destinarsi. Troppo importante è la posta in gioco, troppo forti le presenti esigenze che possono essere messe sul tappeto dagli imprenditori e dai lavoratori.

Se le parti sociali dunque si devono fare protagoniste della disciplina nascente, tutti coloro che siano impegnati per diversi motivi sull’argomento possono e debbono far sentire la propria voce. E ci riferiamo allo stesso legislatore, alle parti in causa, agli studiosi del diritto del lavoro, agli accademici, ai legali e magistrati, agli ordini dei consulenti del lavoro e dei commercialisti. Una visione d’insieme cui partecipino queste diverse forze, portatrici oltre tutto di aspettative proprie, può essere la scaturigine di una vita rigenerata nell’ambito della produzione.

Sabato 12 dicembre 2020

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