di Aldo Carpineti
- Sorridete - scrive La Repubblica - la fabbrica della felicità obbligatoria, sempre più aziende vogliono il buonumore, migliora la produttività, un'equazione perversa quella tra felicità e produttività -
Per parte nostra, siamo del tutto convinti che l'azienda non è il Club Med e che i principi dell'una non possano coincidere con quelli dell'altro, e siamo altresì convinti del sacrosanto diritto di lavorare incazzati: del resto lo sciopero è legittimato dalla Costituzione e nemmeno regolamentato da leggi.
Ci pare però che se si può fare qualcosa per vivere meglio nell'ambiente di lavoro, perché il clima sia più umano e gradevole, queste strade vadano tentate.
Il coaching e il counseling aziendali non sono pratiche di oggi, hanno ormai più di venti anni di storia, contestarne i significati ed i successi appare, in questo momento, per lo meno anacronistico.
Nessuno, nemmeno gli imprenditori, pretendono di creare felicità, ma se in azienda si riesce a stare un po meglio, ben venga ogni sforzo in questa direzione.
Che il benessere crei poi migliori condizioni di produttività è certamente più di un corollario, che però appare assolutamente legittimo dal punto di vista imprenditoriale e di tutta la società. Pare ormai provato che aumenti retributivi, soprattutto se generalizzati a tutta o a gran parte della popolazione aziendale, vengano assorbiti in breve tempo e lo stato d'animo di chi lavora torni presto quello precedente, migliori vivibilità aziendali sono invece presupposti per una soddisfazione duratura.
Lavorare in migliori condizioni fisiche e di spirito per produrre di più: i sistemi per realizzare il duplice risultato non debbono creare scandalo, soprattutto se vengono rispettati privacy e libertà di pensiero dei lavoratori.
In tutta semplificazione, tornare a casa sereni dopo una giornata di lavoro non è meglio che prendersela con la moglie per le conflittualità che un ambiente produttivo inadeguato può generare?
Giovedì 6 agosto 2015
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