di Aldo Carpineti
Fin da quando ero ragazzo osservavo come tutta la realtà che noi conosciamo passa attraverso il filtro del nostro cervello. Data questa premessa è conseguenziale ritenere che ben poche sono a questo mondo le verità oggettive che ognuno di noi può affermare. Tutto è adattato a noi ed al nostro modo di interpretare ciò che ci è esterno e perfino noi stessi. Anche le nostre fedi, perciò, sono, in definitiva, una opinione.
Di più, abbiamo la sensazione e abbiamo l’abitudine a ritenere che quanto ci arriva sia la realtà oggettiva, e spesso non ci curiamo di considerarla secondo criteri di relatività, come invece andrebbe fatto.
Ci illudiamo che quanto vediamo, sentiamo, tocchiamo, in una parola tutto quanto percepiamo sia rappresentazione fedele di ciò che esiste dimenticando spesso che ne è soltanto una visone parziale e soggettiva. Il fatto stesso che noi non riusciamo a rappresentarci l’infinito ed il tutto è una conferma della premessa.
Non soltanto ognuno di noi ha una visione propria della realtà ma addirittura noi stessi ne abbiamo una sensazione diversa in momenti diversi.
Che cosa discende da questa nostra interpretazione di noi e delle cose. Ne è conseguenza che vivendo la nostra realtà come finita e parziale dobbiamo aver riferimento a quanto ci è più proprio e connaturato come criterio orientativo della nostra vita e delle nostre azioni. In una parola, la nostra umanità che, per quanto imperfetta, è quel che di più genuinamente nostro noi abbiamo.
Ed è in questa accezione delle cose che siamo tenuti al rispetto ed all’amore verso il prossimo. In virtù di quanto di comune abbiamo più che di un comandamento che ci venga dall’alto.
Affermare la dignità umana in questi termini appare, almeno a me, ben più significativo che farla discendere da un essere superiore che abbia poteri infiniti ed incontrastati.
Martedì 25 settembre 2018
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