di Avv. Massimiliano Crapa, co-founder at ILC & Associates
Nel Regno Unito l’aborto è legale dal 1967 ma la legge istitutiva, l’Abortion act, non è applicata in Irlanda del Nord. Le sanzioni connesse alla violazione delle norme poste a divieto dell’aborto sono le più severe vigenti in Europa per la stessa fattispecie: sia la donna che abortisce sia l’equipe operatoria rischiano la pena dell’ergastolo.
A causa di tali restrizioni, le donne che intendano interrompere la gravidanza si spostano in Gran Bretagna per sottoporsi al relativo intervento, sopportando notevoli oneri economici: ai costi di viaggio vanno infatti sommati quelli di spettanza dei centri medici privati -non potendo ricorrere al sistema sanitario nazionale- che sono quantificabili in circa 1800 sterline.
In alternativa la soluzione per le donne decise ad interrompere la gravidanza è quella di procurarsi via web le pillole abortive: la combinazione di mifepristone (Ru486) e misoprostolo è tuttavia illegale in Irlanda del Nord e l’acquisto comporta importanti sanzioni penali.
Fino ad oggi, in Irlanda del Nord, l’aborto è ammesso esclusivamente nel caso di pericolo di vita per la madre. Non è ammesso ricorrervi nè in presenza di gravi malformazioni del feto né se la donna abbia subito uno stupro.
Alla luce di quanto sopra esposto la alta corte dell’Irlanda del Nord ha definito la legge che proibisce l’aborto violazione dei diritti umani. La corte ha infatti sentenziato che l’interruzione di gravidanza deve essere legalizzata in caso di «incesto, stupro o seria malformazione del feto». In tutte queste fattispecie, ha sottolineato il giudice Mark Horner, «non c’è alcuna vita da difendere».
Mercoledì 9 dicembre 2015
© Riproduzione riservata
867 visualizzazioni