Capitolo XIX

La casa con le vetrate

Tre famiglie della borghesia medio-alta ed alcuni personaggi non di contorno vivono amori, amicizie e professioni scambiandosi confidenze ed affetti; si può considerare un romanzo di costume figlio di un certo cinema francese degli anni ’70 cosiddetto confidenziale o intimistico di cui Michel Piccoli è rimasto l’interprete più significativo insieme ad un giovane Gérard Depardieu.
Il racconto si sviluppa nella periferia toscana ma, pur nella attenta e particolareggiata descrizione dei paesaggi, potrebbe avere ambientazione ovunque per la universalità dei temi trattati. Si osservano qui gli animi umani nelle loro relazioni geometriche più sottili e complesse e si fanno oggetto di una trama che si snoda in situazioni molto vicine alla realtà e particolarmente aderenti al mondo di oggi. La casa, che compare fin dalle prime battute del romanzo, ha un chiaro significato allegorico. Questo romanzo, il più conosciuto fra quelli di Aldo Carpineti, è stato scritto in parte nell’ultimo anno del periodo toscano dell’autore e per il resto contemporaneamente al suo rientro a Genova.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Dic 8

Capitolo XIX

Capitolo Diciannovesimo

di Aldo Carpineti

capitolo diciannovesimo

Roberto e Valentina si incontravano spesso con Luca nello stabilimento del Lido di Camaiore, approfittando delle frequenti trasferte di maman Nicole alla boutique di Viareggio, visto che le due cittadine sono limitrofe: all’ora di cena, mentre Luca si ritirava con i genitori, i due raggiungevano a piedi Nicole nell’attico di Viareggio che, abitato solo da loro, appariva così ampio da non poterne neanche prendere le misure.

Altre volte i ragazzi si davano appuntamento al Florindo: Roberto aveva una canoa in plastica gialla che da un anno all’altro lasciava presso lo stabilimento, negli anfratti chiusi a chiave ricavati dallo spazio sotto il piano delle cabine. I tre uscivano in mare prima dell’ora di pranzo e pagaiavano vigorosamente fino a doppiare le boe, inalando direttamente aria marina salubre per i polmoni. Roberto, a poca distanza di tempo dalla morte del babbo in tragiche circostanze, stava tuttavia vivendo al mare un momento di relativa quiete e la compagnia dei suoi due amici gli consentiva di godere, in alcuni momenti della giornata, ricorrenti generalmente nelle stesse fasce orarie, persino di qualche sensazione appagante: ma era difficile dire se quella sua quasi ininterrotta mancanza di acuti fosse un sintomo sano di guadagnata pacificazione con se stesso o piuttosto una livellata, abulica incapacità di riconoscere gli stimoli di un ambiente che pure gliene offriva di diversa natura; in realtà viveva ogni stato d’animo in modo talmente incerto e fuggitivo da sentirsi costretto, per conservare un contatto con il mondo esterno, ad un atteggiamento di costante vigilanza ed all’erta, così da arrivare stremato e vieppiù svuotato alle ore della sera. Valentina non raramente, osservando le condizioni di Roberto, veniva presa da angosciati timori: “ne verrà mai fuori?” domandava preoccupata a Luca e insieme si davano da fare perché all’amico non mancasse il loro affetto.

Con il primo di agosto Nicole chiuse per ferie l’esercizio di Pescia e si spostò stabilmente a Viareggio insieme al figlio, contando di restarci per tutto il mese che è anche il più redditizio dell’anno per i commercianti che hanno il negozio in passeggiata. Il lavoro assorbiva ogni sua energia e soltanto in un paio di pomeriggi alla settimana si concedeva una distrazione balneare, lasciando Asia e Miriam in negozio. Era un modo di rispondere fattivo e positivo, per nulla frenetico, alle avversità che l’avevano colpita nell’ultimo periodo. Con ciò non era neanche vero che le malinconie non affiorassero mai, ma Nicole aveva preso la strada giusta per non diventarne preda.

Fra Nicole e Roberto c’era un rapporto di grande tenerezza; pur con i naturali istinti a prendere le distanze dalla madre ed a farle conoscere il meno possibile dei casi della propria vita, atteggiamenti tipici dei giovani maschi, il ragazzo aveva sempre voluto un gran bene alla mamma; e lei, donna che sapeva essere determinata e dolce, ora in particolare gli era vicina in tutti i momenti che il lavoro le concedeva: era anche solita metterlo al corrente delle vicende della loro azienda commerciale, pensando di interessarlo a qualcosa che lui poteva sentire anche come suo. E Roberto glielo riconosceva, e gradiva molto la compagnia di maman. Questa intesa con sua madre rappresentava l’aspetto più confortante dell’attuale quadro psicologico di Roberto; e non era cosa da poco. I loro momenti d’incontro, se si fa l’eccezione della cena di ogni sera, non erano né frequenti né lunghi, ma certamente molto intensi. Intorno alle ventuno poi, Nicole scendeva ancora nel negozio, che teneva aperto fino alla mezzanotte: un soddisfacente avviamento sarebbe stato possibile soltanto attraverso questi orari al pubblico. 

I Crespi, nel frattempo, in attesa che venisse il momento di partire per la Costa Smeralda, proseguivano il loro soggiorno a Vellano, salvo le puntate a Viareggio di Valentina. I due coniugi si rinfacciavano punti di vista non perfettamente coincidenti, circa l’interpretazione da dare all’impiego del tempo libero. Giovanna era seccata che la casa di Vellano si prendesse la quasi totalità dei due mesi estivi: “siamo destinati a trascorrere così tutti i nostri periodi di vacanza anche negli anni a venire? – disse una volta, parlando in sintesi estrema ma con grande efficacia espressiva – non pensi che, oltre a Vellano, esistono anche Parigi, Londra e Praga, Zermatt e Cortina? Non dico di non venire più qui, ma di vedere anche qualche altro posto, santo cielo…. che rabbia…! !” Giorgio non andava più in là di una ripetitiva dimostrazione di fastidio annoiato per le intemperanze della moglie. Dimenticarono tutti i battibecchi nella settimana di Porto Cervo, un’evasione stupenda, seppur breve. Rientrati, godettero le giornate di cristallo dell’incipiente settembre vellanese: Giovanna trovò il modo di abbandonarsi a una vita prevalentemente contemplativa, mentre Giorgio si dedicò, in maniera rilassata, allo studio di giurisprudenza civile e amministrativa, segnatamente pronunce di Cassazione e del Consiglio di Stato sulle quali, durante l’anno, non aveva avuto tempo né modo di aggiornarsi sistematicamente. La sera cenavano in casa o all’Antica Locanda del Borgo, anche alla luce del tramonto, sulla terrazza del non dimenticato, piacevole incontro dell’autunno scorso.

Gli Olmo, conclusa la vacanza al Lido, rientrarono a Pietrabuona. Angela, d’abitudine, durante il giorno dava un aiuto a Federico nella loro agenzia di Pescia centro; la presenza di due persone era necessaria, perché una di esse era quasi costantemente occupata ad accompagnare la gente in visita agli immobili in offerta. Si attraversava un ottimo periodo per curare un mercato di nicchia, quello delle aziende agrituristiche, in prospettiva del mese di settembre, quando le strutture ricettive non sono sempre al completo; era infatti diventata una prassi risolutiva per gli operatori del settore alberghiero, dopo aver sentito le agenzie turistiche, far ricorso ai professionisti immobiliari e anche gli Olmo erano dell’idea che fosse il caso di sfruttare la tendenza.

Angela non aveva mai avuto la pretesa di essere bella né elegante ma, siccome era per natura una persona di buon gusto e di una sobria raffinatezza, sicuramente risultava una donna assai piacevole sia di aspetto sia nella conversazione: quasi sempre in pantaloni e felpa “perché – diceva – sono più pratici tanto per lavorare quanto in casa”, era originaria di Pietrabuona Alta e, dopo il matrimonio, si era spostata di poco andando ad abitare nella zona bassa della frazione; Federico era stato operaio in cartiera e in quel periodo aveva arrotondato lo stipendio lavorando dopo le diciassette in uno studio immobiliare nel quartiere delle Casacce. Da questa esperienza s’era impadronito della pratica e delle conoscenze per aprire una propria agenzia. Federico ed Angela avevano costruito intorno a queste cose un matrimonio solido quanto altri mai. Luca era venuto al mondo quando i due, quasi coetanei, erano vicini alla quarantina e ormai ritenevano improbabile di poter ancora avere prole. Il bimbo aveva assorbito molto delle personalità dei genitori, ma aveva poi sviluppato le sue inclinazioni in una direzione propria; cresciuto e maturato in fretta, s’era dato come punto di riferimento per il proprio vivere, dapprima quasi senza accorgersene poi sempre più coscientemente, la ricerca della trasparenza e dell’onestà intellettuale, come essenziale modalità di rispetto verso gli altri; a torto o a ragione, era persuaso che tali atteggiamenti favoriscano la possibilità di capirsi nei rapporti interpersonali con vantaggio di tutti per la comunicazione e, in definitiva, per il convivere; Luca aveva fatto proprie queste convinzioni a livello di pura intuizione, senza alcuna elaborazione di tipo teoretico, tuttavia cercava di dare loro un riscontro nella prassi, attraverso il proprio comportamento e l’osservazione di quello altrui: corollario a queste inclinazioni era una predisposizione a porsi interrogativi nel campo genericamente esistenziale ed etico. E così, in prossimità dell’inizio delle lezioni, procuratosi sollecitamente i testi scolastici, cominciò a sbirciare con anticipo le pagine dei libri di filosofia, curioso com’era di scoprirne i contenuti, e fu colpito dalla elementarità dei concetti espressi dai primi antichi autori. Comprese una verità semplice che però non è così comune avere chiara in età scolastica: per la valutazione di ogni manifestazione umana, sia essa scientifica, filosofica, letteraria, artistica, religiosa, giuridica e sociale, è necessario studiarla coordinatamente con tutte le altre espressioni dello stesso momento storico. E questo fu il suo modo di accostarsi agli studi classici

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