Capitolo XLVI

La casa con le vetrate

Tre famiglie della borghesia medio-alta ed alcuni personaggi non di contorno vivono amori, amicizie e professioni scambiandosi confidenze ed affetti; si può considerare un romanzo di costume figlio di un certo cinema francese degli anni ’70 cosiddetto confidenziale o intimistico di cui Michel Piccoli è rimasto l’interprete più significativo insieme ad un giovane Gérard Depardieu.
Il racconto si sviluppa nella periferia toscana ma, pur nella attenta e particolareggiata descrizione dei paesaggi, potrebbe avere ambientazione ovunque per la universalità dei temi trattati. Si osservano qui gli animi umani nelle loro relazioni geometriche più sottili e complesse e si fanno oggetto di una trama che si snoda in situazioni molto vicine alla realtà e particolarmente aderenti al mondo di oggi. La casa, che compare fin dalle prime battute del romanzo, ha un chiaro significato allegorico. Questo romanzo, il più conosciuto fra quelli di Aldo Carpineti, è stato scritto in parte nell’ultimo anno del periodo toscano dell’autore e per il resto contemporaneamente al suo rientro a Genova.

Aldo Carpineti

Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.

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Gen 8

Capitolo XLVI

Capitolo Quarantaseiesimo

di Aldo Carpineti

capitolo quarantaseiesimo

“Non ho tempo, Giovanna, sono impegnato nelle riunioni con i rappresentanti di classe” diceva Luzato alla sua donna che gli telefonava pomeriggio e sera. “Ci sono gli scrutini” ripeteva, anche se non era quello il periodo in calendario. In realtà aveva già adocchiato una biondona che saliva sul suo stesso treno tutte le mattine a Montecatini.

Finalmente decise di incontrare Giovanna e chiarì: “Insomma, Giovanna, lasciami perdere, il nostro rapporto è troppo problematico, di una conflittualità esagerata, finiamo sempre per litigare, è una fatica più che un piacere: non ci vedremo più, d’ora in avanti, se non per gli aperitivi a tre al Centrale con Nicole; fattene una ragione, perché non tornare alle origini della nostra conoscenza?”. Giovanna, oltre che stupita, si sentì anche offesa e si pose una quantità di domande: bastava dunque il volger di un momento per perdere un uomo dal quale aveva creduto di essere venerata? perché costui batteva in ritirata alle prime difficoltà? era calzante, allora, il primo giudizio che aveva dato sul suo spessore umano: altro non era che un cialtrone?

Il mattino dopo, lontano solo una decina di chilometri, a Luzato circolava tutt’altro per la testa; aveva aspettato che la fanciulla bionda salisse sul treno, facendole la posta dal finestrino per vedere in quale carrozza si accomodasse; trattenendo il fiato percorse il corridoio a passi lunghi e spediti. Abbordata senza andare troppo per il sottile la ragazza in uno scompartimento di seconda classe da sei posti, si prese pubblicamente uno sganascione memorabile, che lo ridusse alle sue proporzioni. Anche le leggende, a volte, non hanno fortuna. Nei giorni successivi evitò accuratamente di avvicinarsi alla poltroncina dove viaggiava la ragazza. Il quarto giorno lei accettò la corte di un prestante giovanotto di colore, probabilmente del Senegal, “mi chiamo Bimba” disse lei vergognandosi un po’, come le capitava ogniqualvolta pronunciava quel nome, che avrebbe dovuto portarsi addosso anche a settant’anni; “io sono Modou Ba” rispose lui, e le regalò un elefantino di ebano, pescandolo dentro al suo borsone nero; alla stazione di Pistoia i due, abbracciati, salutarono con la mano Andrea, che era sceso e si spostava sul marciapiede; Luzato sorrise e rispose al saluto.

Ma il legame di affetto e simpatia nonché di curiosità reciproca che c’era stato fra Nicole Giovanna e Andrea non doveva cadere vittima di insensate baruffe e stupide ripicche; la ragionevolezza prese pian piano il sopravvento e, giorno dopo giorno, tornarono davvero nell’ordine di idee di rivedersi ai tavolini del Centrale; Giovanna con molta più fatica degli altri due, perché il ben servito ricevuto da Andrea non le era ancora andato giù. In fondo però tutti e tre pensavano che valesse la pena di resuscitare un'amicizia che, prima delle grandi manovre amorose, era stata qualcosa di più di una gradevole abitudine. Fu Andrea a mettere d’accordo Giovanna e Nicole fra loro e con lui, tessendo le fila del delicato intreccio come un raffinato diplomatico. Prima vide separatamente le due donne, parlando a ciascuna così da ottenere di nuovo la loro fiducia, poi fece in modo che si incontrassero l’una con l’altra, sicuro che avrebbero ritrovato un’intesa sulle basi della buona volontà di Giovanna e della generosità di Nicole, oltre che della intuizione conciliatoria di questa; infine organizzò un appuntamento a tre al Centrale, dove si stappò un don Perignon, e si gridò insieme “à la santé”, levando i calici.

Si riconobbero sotto una nuova veste; lasciato l’habitus mondano dei loro primi incontri, adesso erano più vissuti e disillusi, non certo meno giovani nel carattere, ma più posati e consci. Sembrerebbe paradossale, ma lo scambio triangolare si liberò dei modi sostenuti e pretenziosi e acquistò in delicatezza e rispetto: era stato possibile riavvicinarsi usando maturità ed onestà, doti che ora, in maggiore o minore misura, ciascuno di loro restituiva moltiplicati.

Giovanna provò a ridarsi l’ordine iniziale anche su un altro fronte, chiedendo a Giorgio, con tutte le cautele del caso, se volesse tornare a casa: “No, per il momento – rispose garbatamente ma con fermezza l’avvocato – ho la testa altrove: il lavoro mi assorbe completamente ed ho bisogno di avere tutto il mio tempo per me; può darsi più avanti, chissà”. Quasi negli stessi giorni la signora tirò fuori una insospettata determinazione anche nel compiere i passi preliminari per la seconda tranche del progetto sulla montagna pesciatina; e naturalmente non dimenticò di chiamare Bruxelles. Incentrato sul D. Lgs. 626/94, l’intervento, di portata ben maggiore del precedente, avrebbe interessato più aziende, industriali e artigiane, della zona racchiusa nel perimetro Medicina-Fibbialla-SanQuirico-Castelvecchio-Sorana. Le sarebbe sembrata una scortesia non offrire nuovamente un ruolo a Nicole, che aveva abbandonato il primo a seguito dei loro contrasti: madame ringraziò, ma aveva già il suo bel daffare con le due boutiques. Giovanna Fascetti stava ricomponendo i pezzi e lo faceva con grande coraggio e forza di volontà.

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