Tre famiglie della borghesia medio-alta ed alcuni personaggi non di contorno vivono amori, amicizie e professioni scambiandosi confidenze ed affetti; si può considerare un romanzo di costume figlio di un certo cinema francese degli anni ’70 cosiddetto confidenziale o intimistico di cui Michel Piccoli è rimasto l’interprete più significativo insieme ad un giovane Gérard Depardieu.
Il racconto si sviluppa nella periferia toscana ma, pur nella attenta e particolareggiata descrizione dei paesaggi, potrebbe avere ambientazione ovunque per la universalità dei temi trattati. Si osservano qui gli animi umani nelle loro relazioni geometriche più sottili e complesse e si fanno oggetto di una trama che si snoda in situazioni molto vicine alla realtà e particolarmente aderenti al mondo di oggi. La casa, che compare fin dalle prime battute del romanzo, ha un chiaro significato allegorico. Questo romanzo, il più conosciuto fra quelli di Aldo Carpineti, è stato scritto in parte nell’ultimo anno del periodo toscano dell’autore e per il resto contemporaneamente al suo rientro a Genova.
Aldo Carpineti
È nato a Genova il 12 ottobre 1949. Dopo la gioventù genovese, liceo Classico e laurea in Giurisprudenza ha fatto del cambiamento un modo di vivere; si è spostato per lunghi periodi nel Veneto e nelle Marche, tre anni a La Spezia, sedici in Toscana, per poi fare ritorno ogni volta alla vegia Zena. Prima sottotenente di vascello in Marina, poi funzionario aziendale nelle relazioni industriali, è stato anche manager di gruppi professionisti di musica classica, barocca, jazz. Ha pubblicato Stanzialità e Transumanze (2003) riflessioni in epigrammi su argomenti di varia natura, Finestre su Paesaggi Miei (2004) due racconti di cui il secondo è un noir, La casa con le vetrate (2006), Un amore Maturo (2012). Fra tutte le cose che fa abitualmente non c’è nulla che gradisca quanto sedersi al tavolino di un caffè o di un ristorante in compagnia della figlia Giulia.
TAGS
Dic 16
di Aldo Carpineti
Lasciando la casa di Andrea, assaporavano l’aria tersa della tarda mattinata. Pescia è bella, e chi ci vive lo fa comodamente, ha i vantaggi della città ed insieme quelli del piccolo centro, perché dispone di tutti i servizi necessari ed è possibile spostarsi a piedi da una zona all’altra senza difficoltà. Proprio a fianco del Centrale c’è, oasi di verde, la piazza della fontana, ritrovo preferito da mamme e bambini ma anche polmone del centro cittadino e riferimento estetico che si cerca in ogni modo di salvaguardare. Soltanto più tardi il sole, entrando col suo pastoso calore in ogni cosa, avrebbe ritrovato finalmente la via di una giornata in cui avere agio di diffondersi per ogni dove, ubiquo e bastevole; per ora la vasca era completamente gelata, sospesi dentro il ghiaccio c’erano, immobili, rametti, foglie e qualche piccolo giocattolo di bambino, un soldatino e uno yo-yo; sulla superficie aghi di pino. I due passando lì davanti, si rinvennero del freddo che non avevano ancora avvertito e, sentendo le campane di San Michele, realizzarono solo allora che era giorno fatto. Entrarono al Centrale. Elisa, una delle ragazze, era appena tornata da un viaggio in Jamaica e ne diceva un gran bene. Francesca stava preparando la pasta per infornare pizze e focaccine. Entrambe, con la signora Carla, erano in campana per far fronte, di lì a poco, all’assalto dei ragazzi che si sarebbero ritrovati a urgere al banco, a partire da mezzogiorno, dopo la mattinata di vacanza da scuola, con un appetito sfrenato.