P. Luigi Kerschbamer missionario: le Lettere. 31. Deo gratias. Se avrete fede...

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Genova | LETTERE DI UN MISSIONARIO: FIGLIO DELL'UOMO PREPARA I TUOI BAGAGLI...

P. Luigi Kerschbamer missionario: le Lettere
31. Deo gratias. Se avrete fede...

Sono abbastanza abituato a trasformare le preghiere rituali in preghiere personali: ma, quel giorno, per la preghiera di benedizione della mensa, ho usato e dovuto usare un’enfasi tutta speciale...

di Gutti Carpineti

In partenza
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DEO GRATIAS

«Se avrete fede …»( Marco 9,29) 

Sono abbastanza abituato a trasformare le preghiere rituali in preghiere personali: ma, quel giorno, per la preghiera di benedizione della mensa, ho usato e dovuto usare un’enfasi tutta speciale: «Benedici, o Signore, e moltiplica questo cibo che stiamo per prendere, fa che ce ne serviamo per il tuo santo servizio. Tutti i presenti hanno notato la differenza, e, con la stessa enfasi e fede, hanno risposto: «Amen. Così si compia».

Era in effetti una riunione speciale, era il pranzo d’addio del primo gruppo di giovani filippini, che dopo due anni di esperienza di vita religiosa e agostiniana, sarebbero partiti per continuare i loro studi filosofici e teologici in Italia.

Pranzo d’addio! La sera prima avevamo fatto i conti per vedere quanti, più o meno, avremmo potuto essere: sessanta, solo i giovani delle nostre comunità; pochi i genitori, perché la maggior parte abita nelle altre isole, quindi impossibilitati a venire. Contavamo sì sulla presenza dei genitori spirituali: coppie cristiane che, avendo capito il senso profondo del dono della vocazione, si erano impegnati a sostenere questi giovani col loro esempio, la loro parola, la loro preghiera e il loro aiuto materiale (quando possibile); in più, contavamo su alcuni amici, ma solo i più vicini, proprio per non aumentare troppo il loro numero. Insomma, si prevedeva più o meno un totale di centocinquanta persone, e per il pranzo di addio, sia qui che in Brasile, era già un buon numero.

Ma quando, erano appena le undici, la folla cominciò ad arrivare, la situazione non sembrò già più tanto sotto controllo; ognuno dei possibili invitati infatti arrivava con la sua famiglia, L’unica cosa che i responsabili potevano fare era quella di mandare qualcuno in cappella a pregare. Si era letto sì da poche domeniche quel passo del Vangelo, in cui Gesù dice ai suoi discepoli: «Date loro voi stessi da mangiare», ma rinfrescare le idee e rinnovare la fede era un allenamento, per poi vincere.

Abbiamo così celebrato la Messa d’addio. Tutti i presenti hanno pregato per l’invio e la missione dei giovani, ma, involontariamente, l’occhio sbirciava verso il fondo dell’assemblea, che cresceva sempre più. D’altra parte, era inutile illudersi che qualcuno sarebbe tornato sui suoi passi, senza fermarsi per mangiare. Penso proprio che nelle Filippine, più che in qualsiasi altra parte del mondo, sia vero l’antico detto: «Ubi missa, ibi mensa (dove c’è una messa, lì c’è una mensa, un pranzo)». Avevamo ormai raggiunto il numero di trecento! Alla preghiera della benedizione e della moltiplicazione sembrava che, non solo le trecento bocche dei presenti avessero risposto l’amen, ma anche i numerosi cani (i cani senza padrone sono una delle caratteristiche che subito saltano all’occhio di chi è nuovo nelle Filippine) sembravano dare il loro appoggio, sicuri che anche per loro sarebbe stato un giorno speciale, non tanto per l’addio, quanto per il loro stomaco vuoto…

Nell’ episodio del Vangelo citato prima, si racconta che sono avanzate dodici ceste. Bene, anche nel nostro pranzo, tutti sono rimasti saziati, e, con gli avanzi, le nostre due comunità di quaranta giovani hanno ancora potuto preparare la cena. Se le bevande non sono bastate, è stato solo perché nelle varie intenzioni di preghiera e di benedizione, tutti si sono preoccupati solo del cibo solido! !!

Sì, cosa sarebbe la nostra vita senza la grazia del Signore e la sua benedizione? Un buco nell’acqua e un’illusione. Invece, affidandoci al Signore, superiamo ostacoli maggiori delle montagne. Siamo pienamente coscienti che tutto è grazia e che viviamo, anzi nuotiamo nella grazia di Dio.S.Agostino, il dottore della Grazia, che ci guida e ci ispira, si domanda che cosa ci sia che non abbiamo ricevuto. La riconoscenza, come conseguenza, apre ancora altri canali di grazie: «Nulla potrebbe essere detto di più conciso, nulla di più gioioso potrebbe essere ascoltato, niente di più significativo potrebbe essere capito, non c’è esclamazione più utile di questa: Deo Gratias, Grazie a Dio». (Lettera 41, 1).

Giorni fa, abbiamo appena celebrato e ringraziato per i due anni di presenza della nostra comunità religiosa nelle Filippine, inaugurata nei primi giorni di agosto del 1994. Ma ogni giorno ringraziamo per l’acqua fresca che il pozzo, costruito con il concorso di tanti amici, ci elargisce; ringraziamo per la felicità del nostro vivere come fratelli, anche se in semplici capanne di paglia e bambù. La nostra gratitudine, tuttavia, non si ferma al passato, ma si lancia anche nel futuro, certi che anche i piani, che il Signore ispira, saranno realizzati. Le capanne, qui nelle Filippine, hanno una durata media di cinque anni, perciò dovremo prepararci a una costruzione più stabile, definitiva: casa di noviziato, seminario maggiore, centro di teologia, insomma un vero centro missionario di evangelizzazione, aperto alla Cina, all’Asia e al mondo. Ogni tanto cominciamo a fare dei progetti umani, ma i problemi che si presentano sono subito troppi, dai progetti di architettura e ingegneria, al problema finanziario. Comunque sappiamo che, quando verrà l’ora, ogni montagna sarà spianata oltre ogni attesa.

La Madonna della Consolazione, regina del Cenacolo, che è stata posta come guardiana celeste all’ingresso della nostra casa e sotto la cui protezione ci rifugiamo, ci incoraggerà, come ha incoraggiato gli Apostoli, ad avere pazienza, ad aspettare l’ora giusta. E lo Spirito del Signore rinnoverà la faccia della terra. 

Lunedì 10 maggio 2021

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